13 febbraio 2019 – Trentino
«Quello che serve è conciliare il lavoro con la famiglia»
Secondo Annalisa Santin e Walter Alotti della Uil la decisione della giunta provinciale in aiuto alle neomamme andava discusso con i sindacati perché così come è stato strutturato rischia di creare l’effetto contrario e cioè costringere le donne ad abbandonare il lavoro ancora più di quanto non accada ora, rispondono a uno stereotipo che vorrebbe appunto le donne a casa a curare i figli. Meglio, dicono i due sindacalisti, puntare sul miglioramento delle politiche i conciliazione. «Sarebbe infatti necessario offrire una serie di servizi e di sostegni alle neo mamme affinchè possano dedicarsi alla cura del bambino, riducendo il più possibile il numero di coloro che sono costrette a dimettersi e staccarsi dal mondo del lavoro per la difficoltà di conciliare lavoro con maternità.
«Il walfare a cui punta questo governo provinciale targato Lega è il parere di Arianna Paoli, di Trento, e Domenico Spinella, segretario Circolo Pd Isera è senza dubbio l’assistenzialismo! Quello che ci chiediamo è se effettivamente è questo che vogliono le famiglie e le donne. Non sarebbe forse più opportuno prevedere delle politiche che maggiormente aiutino a conciliare famiglia e lavoro? Riteniamo che fino a quando le due questioni saranno trattate come antagoniste non si arriverà da nessuna parte».
Anche Lucia Coppola di Futura interviene sul tema con una interrogazione al presidente del consiglio provinciale. «La conciliazione tra vita professionale privata e familiare deve essere garantita quale diritto fondamentale di tutti, nello spirito della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con misure che siano disponibili a ogni individuo, non solo alle giovani madri, ai padri o a chi fornisce assistenza, così si è espresso il Parlamento Europeo, nella risoluzione approvata il 13 settembre 2016, in materia di “creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale. Misure politiche lungimiranti dovrebbero quindi cercare di garantire l’occupazione femminile (in Trentino è ferma sotto a quella maschile di 11 punti percentuali, dati ISPAT, 2017) e al tempo stesso non creare ripercussioni negative sul tasso di fecondità».
Scarica il pdf: famiglia ART 130219
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