Retribuzioni in Trentino. A bloccare gli stipendi è la qualità del lavoro che non decolla.
Nel 2017 esplosione del part time involontario, soprattutto tra le donne. Cgil Cisl Uil: rafforzare le misure per sostenere la crescita economica, incentivare il lavoro femminile e diffondere la contrattazione di secondo livello
Le retribuzioni reali in Trentino non tengono il passo dell’inflazione, anzi in alcuni casi addirittura arretrano. Lo certifica l’Inps nel suo rapporto sulle retribuzioni 2018 dei lavoratori dipendenti in Italia. “I dati Inps non sono un fulmine a ciel sereno – incalzano i segretari generali di CGIL CISL UIL del Trentino, Franco Ianeselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Da tempo denunciamo il fatto che, dopo la crisi, anche in Trentino, nonostante in particolare nel settore manifatturiero la contrattazione abbia registrato avanzamenti significativi anche sul lato dei salari, nei servizi sta invece esplodendo il part time che erode i redditi delle lavoratrici e dei lavoratori. C’è quindi un problema di qualità del lavoro nei settori più frammentati e in quelli dove la ridotta dimensione d’impresa rischia di impedire sia una maggiore innovazione, sia una contrattazione realmente redistributiva”.
Sono proprio i dati INPS a suffragare questa tesi. Nel manifatturiero infatti le retribuzioni per giornate lavorate degli operai sono aumentate nel periodo tra il 2014 e il 2018 di quasi il 5%, mentre nello stesso periodo in quelle del turismo e del commercio sono aumentate di meno della metà, con una perdita netta di potere d’acquisto. Intanto il part time ha continuato a crescere passando nel giro di dieci anni, dal 2007 al 2017, dal 17,2% degli occupati al 22,6%. Si tratta di ben 53.000 persone occupate a tempo parziale.
Nel 2017 i part time involontari, cioè quelli che il lavoratore accetta solo per tenersi il posto, sono saliti al 42 per cento del totale. Una situazione che penalizza soprattutto le donne, molte delle quali hanno lavori a tempo parziale. “Se ad un dipendente viene imposto un contratto di poche ore la settimana, per forza di cose anche il suo stipendio sarà più basso. Le aziende, sempre più spesso, per cautela o per esigenze economiche offrono posti di lavoro a tempo pieno”, sottolineano i sindacalisti.
L’andamento delle retribuzioni reali è quindi legato alla qualità del lavoro offerto dalle aziende soprattutto dei servizi, ma anche dalla possibilità di sviluppare accordi di secondo livello anche nei settori più frammentati, a partire dalla potenziamento della contrattazione territoriale. “Negli ultimi anni abbiamo più volte evidenziato questa situazione di grave criticità – denunciano Ianeselli, Bezzi e Alotti -. Dopo la crisi economica che ha imposto pesanti sacrifici anche ai lavoratori, abbiamo avviato contrattazioni acquisitive che hanno portato benefici ai dipendenti. Nelle realtà più strutturate e dove il sindacato è presente, questo è stato possibile. Nelle realtà più frammentate, dove si verifica anche una scarsa presenza sindacale, no”.
Difficile pensare che questa tendenza si inverta da sola, viste le difficoltà a cui sta andando incontro anche l’economia provinciale. “Per questa ragione – incalzano i segretari di Cgil Cisl Uil – è indispensabile investire su politiche pubbliche a sostegno della crescita economica, dell’occupazione femminile e della contrattazione integrativa, anche nei settori più frammentati. E’ indispensabile muoversi con rapidità: nel prossimo futuro, infatti, si potrebbe andare incontro ad un peggioramento del quadro economico e quindi della dinamica delle retribuzioni, con la conseguente riduzione del potere d’acquisto e dunque dei consumi interni”.
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