21 aprile 2020 – Corriere del Trentino

«Rientro in aula, solo quando ci sarà un alleggerimento della pandemia»

Di Fiore (Uil) cauto sulla scadenza di settembre
«Si può pensare a un prolungamento della didattica a distanza, ma condivisa e piu ragionata»

TRENTO Gli altri Paesi europei come la Germania e l’Inghilterra stanno pensando di riaprire le scuole già dal mese prossimo, qualcuno anche in Trentino caldeggia un rientro in aula prima delle vacanze estive, una strada non percorribile secondo il segretario della Uil Scuola del Trentino Pietro Di Fiore. «La politica ha bisogno di mandare segnali ottimistici, ma deve avere un piano di ragionevolezza che oggi non c’è», riflette, dubbioso anche sul rientro in classe a settembre.
Da giorni si discute della riapertura delle scuole, c’è chi vorrebbe anticipare garantendo un rientro in aula a maggio. Altri parlano di settembre. Cosa ne pensa?
«È prematuro, secondo le informazioni che ci arrivano a livello nazionale e i dati dell’Istituto superiore di sanità la riapertura delle scuole per quest’anno non è all’ordine del giorno. Bisogna pensare a un piano condiviso per chiudere questo anno sfortunato e ragionare sull’apertura di settembre. Non ci sono le condizioni per mantenere il distanziamento sociale tra i ragazzi. A 14-15 anni hai la necessità di stare vicino ed è ancora più marcata nella scuola primaria».
Si può immaginare un rientro a scuola a turni? La ministra Lucia Azzolina ha detto no alle mascherine e ai guanti in aula, ma per garantire le distanze bisognerebbe avere il doppio degli spazi e degli insegnanti?
«Non ci sono spazi così ampi e non abbiamo il doppio dei docenti. Poi c’è la sanificazione e mi chiedo che senso abbia mettere uno scafandro alle persone e farli venire a scuola».
Quindi?
«Bisognerà decidere quando ci sarà un alleggerimento del quadro pandemico e si arrivi alla classificazione di endemia o anche meno. Si può decidere di puntare a una sorta di immunità di gregge e affrontare i rischi oppure intervenire sulle famiglie e allungare il periodo della didattica a distanza, ma più ragionata, condivisa e a gruppi di docenti».
Nonilfaidatecheèstato fatto finora.
«Fino ad ora si è andati avanti in questo modo, non c’è stata una formazione dedicata, alcuni lavorano su piattaforme, altri su altre. Sarà necessario lavorare su proposte didattiche indirizzate e attraverso piattaforme che non creino un divario tra chi ha gli strumenti e chi non li ha. I telefonini ce li hanno tutti, ad esempio, mentre secondo uno studio nazionale il 30% delle persone non possiede i devices per la didattica a distanza. Si dovrebbe pensare a una campagna di lettura dei bisogni delle famiglie, non partire dal presupposto che uno deve avere gli strumenti. Poi c’è il problema burocratico, sono stati donati dei tablet, ma per la consegna bisogna fare e firmare un mare di carte e documenti. Bisogna snellire».
I virologi dicono che dovremmo imparare a convivere con il Covid-19, immaginando un ritorno alla normalità anche per il mondo della scuola, come si farà a garantire la sicurezza di studenti e insegnanti? C’è preoccupazione.
«È intempestivo parlare di questo. Quando potremo prevedere di rientrare? Su questo deve ragionare la politica. È necessario stabilire quali sono gli indici buoni attraverso i quali si può ragionare su una riapertura parziale, ma non con un distanziamento tra ragazzi, aspetto che non amano. Si può ragionare in termini di apertura parziale minima programmata. C’è un aspetto relazionale che va considerato, l’aula è un ambiente di apprendimento, è importante per i ragazzi vedere i compagni e gli insegnanti. Si può costruire un percorso, da attivare non prima di settembre, per attività a piccoli gruppi».
In Trentino cosa è stato deciso di fare? Non sembra esserci ancora un indirizzo chiaro.
«A forza di insistere siamo riusciti a ottenere un incontro con l’assessore Mirko Bisesti. Siamo stati convocati questa settimana, immagino si possa arrivare a un piano di condivisione e chiarezza».
La Lombardia sta facendo un censimento di cortili e parchi, pensa a una summer school anche per aiutare i genitori che ora torneranno al lavoro. È una buona idea?
«Su uno dei nostri quotidiani c’era un intervento di una signora di un’associazione privata che parlava della scuola nel bosco in Svezia. Se vogliamo chiacchierare lo possiamo fare, ma dobbiamo ragionare con le autorità sanitarie e capire con quali indici potremmo riaprire. Questo mi sembra più un confronto tra apprendisti stregoni che da pedagogisti che lavorano per la tutela della salute. Quello che è invece possibile fare oggi è la valutazione».
Si riferisce alla discussione sul 6 politico?
«Il decreto che abbiamo visto è di fatto un sei politico, secondo me una buona strada sarebbe quella di non fare valutazioni certificative, se uno studente ha qualche debolezza se la porterà dietro l’anno prossimo, in Trentino siamo dei campioni con i debiti formativi. Ritengo che non abbia senso certificare mettendo voti che non ci sono, possiamo valutare l’impegno, poi quando la scuola ripartirà arriveremo a una certificazione».
E per la maturità?
«Si dovrebbe fare almeno il colloquio orale, le scuole sono deserte e non c’è il problema della distanza, è garantita. In questo modo si fa capire ai ragazzi che l’esame rimane una cosa seria. Si possono alleggerire gli aspetti burocratici, procedere con una calendarizzazione ed esaminare gli studenti a gruppi di 4-5 candidati al giorno, rispettando le distanze. Tutto questo darebbe già il senso di una scuola vera».
Se la chiusura delle scuole dovesse essere prolungata si potrebbe porre un problema di stipendio per gli insegnanti?
«Lavorano anche più prima non avrebbe senso sono in servizio a tempo pieno, si potrebbe porre un problema in futuro per i precari, possiamo al massimo intervenire con un contratto di solidarietà. Ma al momento il problema non si pone».

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