09 giugno 2020 – Trentino, Corriere del Trentino

La rabbia degli insegnanti in piazza: «Fatta così, non è nemmeno scuola»

La manifestazione davanti alla Provincia. In circa centocinquanta, distanziati tra loro, hanno sollevato le loro ragioni: «Non si possono inscatolare studenti e alunni nel plexiglass, se non si investe sul personale (pochi i 185 nuovi docenti) e sull’edilizia, a settembre sarà una follia»

TRENTO. Doveva essere il primo giorno di apertura di nidi e scuole materne, e in molte città italiane la data di ieri ha segnato anche la fine dell’anno scolastico. In Trentino, invece, gli insegnanti e il personale ausiliario, aderendo allo sciopero nazionale promosso da Cgil, Cisl Uil, Gilda, Satos e Delsa, hanno protestato prima in piazza Dante, con circa centocinquanta persone presenti e a distanza, e poi davanti al Commissariato del governo, dove è stata ricevuta una piccola delegazione dal prefetto Sandro Lombardi.
Le richieste formulate da insegnanti e ausiliari: più risorse in vista della ripartenza di settembre, maggiori investimenti sul personale e l’edilizia scolastica, no a soluzioni -come plexiglas e barriere -che, dicono i sindacati, snaturerebbero la funzione stessa della scuola.
A livello locale non è piaciuta la decisione della Giunta provinciale di riaprire nidi e materne a tempo record. Giudizio negativo sia sulle misure di prevenzione messe a punto per la ripartenza ma anche, guardando a settembre, anche sul concorso per l’assunzione di centottantacinque docenti: numeri ancora troppo bassi -dicono i sindacati -e seguendo i tempi di Roma si rischia di iniziare il nuovo anno scolastico con tante cattedre scoperte.
«L’adesione a questa protesta è stata notevole, siamo contenti e speriamo che questo sciopero sia compreso: è a salvaguardia di tutti, se non si prevedono investimenti economici e di organici la scuola non riprenderà a settembre. Ci inventeremo qualcosa, ma non sarà scuola», spiega Stefania Galli della Cisl. «Sui numeri previsti dal concorso si poteva fare di più, se non sulle assunzioni almeno sulle abilitazioni».
Cinzia Mazzacca, della Cgil, rincara la dose: «Riteniamo che la scuola sia stata tenuta in un angolo, poi improvvisamente ci si è accorti che si voleva aprire ed è stato fatto tutto in modo improvvisato, e mi riferisco a nidi e materne. Questa accelerata da parte della provincia non ci è parsa corretta. Si è visto anche della risposta delle famiglie: un’adesione sotto il 40% indica che non c’è percezione di sicurezza».
Tanti dubbi per settembre
Per settembre restano ancora tanti nodi da sciogliere: «Noi -prosegue la sindacalista della Cgil -abbiamo sempre chiesto di tornare in presenza, e dal decreto scuola sembra sia questa l’indicazione. Adesso si tratta di capire però come. Per ripartire in sicurezza occorrerebbe dividere in piccoli gruppi i ragazzi ma servono investimenti, sugli spazi e sul personale».
«La situazione è molto convulsa per nidi e materne», spiega Marcella Tomasi, della Uil. «C’è molta disorganizzazione, è diventata una corsa contro il tempo per garantire le aperture. La ripartenza doveva essere pensata bene per settembre con tutti gli attori del sistema, ma fatta così è una follia».
Valutazioni condivise anche da tanti e tante docenti e insegnanti che ieri sono scesi in piazza. Monica Bolognani, dell’istituto Valle dei laghi-Dro, parla di «prospettive
molto incerte» per la ripartenza a settembre. «Io -racconta l’insegnante -quest’anno ho avuto una quinta classe, il prossimo dovrei cominciare con una prima da circa ventidue alunni. I banchi, come leggo nel decreto, verranno inscatolati con il plexiglas, ma così la scuola diventa un ghetto, i bambini restano isolati».

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