17 giugno 2020 – Trentino
Scuola, ecco la petizione di 340 prof
L’iniziativa. Firmata da insegnanti di tutto il Trentino e inviata all’assessore Mirko Bisesti per chiedere che la didattica a distanza anche parziale venga adottata solo in caso di effettiva emergenza. Brocchieri: «Venga ripristinata la piena normalità con lezioni in presenza»
TRENTO. Il mondo della scuola si è messo in movimento per chiedere a gran voce il rientro in classe. Ieri è stata inviata all’assessore Mirko Bisesti una petizione formata da 340 docenti di scuole di tutto il Trentino per chiedere che il futuro si decida solo su dati certi e che soluzioni come la didattica a distanza vengano adottate solo in caso di effettiva emergenza. I promotori sono i professori Andrea Brocchieri del liceo Prati di Trento e Lucio Gerlin dell’Istituto Degasperi di Borgo Valsugana. La petizione che punta a un obiettivo semplice, come ha spiegato ieri Brocchieri «Si deve tornare alla scuola in piena normalità».
Il testo della petizione è chiaro: «La scuola rappresenta un interesse primario per la società civile: in quanto indispensabile e strategico investimento nel futuro della società. Perciò, in ordine alle responsabilità che agli adulti e specificamente alla politica derivano da quanto sopra richiamato, non si possono sottovalutare le molteplici ricadute negative che il prolungato periodo di chiusura delle scuole ha avuto e che potrebbero aggravarsi con ulteriori forme di limitazione (anche parziale) delle normali attività scolastiche a partire dal prossimo settembre. Queste conseguenze dannose sono state finora evidenziate da molte voci autorevoli e da numerosi cittadini, da ultimo con la Petizione a favore di una scuola “reale”, che ha raccolto 6.000 adesioni e che è stata consegnata al presidente del Consiglio provinciale Kaswalder». Nella petizione si spiega che la didattica a distanza, anche parziale, può essere adottata solo in casi eccezionali: «Le risposte che gli operatori della scuola hanno cercato di dare alla situazione di emergenza e il correlato eccezionale impegno richiesto a studenti di tutte le età e alle loro famiglie non possono essere imposti a settembre, nemmeno in parte, se non sulla base di motivazioni pienamente giustificate sulla base di una situazione oggettiva di allarme sanitario. Ciò che sinora non è stato sempre chiaro. Dunque si chiede: di riservare soluzioni di emergenza, come quelle che si stanno progettando, solo all’eventualità che un’emergenza si presenti effettivamente; di definire tale condizione di emergenza in base a precisi criteri, fondati sulla rilevazione di dati statisticamente affidabili e tempestivamente raccolti sia ora che a ridosso dell’inizio del prossimo anno scolastico (per esempio con indagini campionarie sulla popolazione in genere e su quella scolastica in particolare); che, prima di chiudere in misura parziale o totale le scuole o di modificarne il funzionamento ordinario, si considerino non solo i dati sanitari e le raccomandazioni dei relativi esperti ma si soppesino adeguatamente anche le conseguenze sociali, educative, psicologiche ? finora troppo trascurate; che, per rispetto dei lutti e dei gravi disagi subiti finora dalla popolazione, si eviti di vedere nell’eventuale ripresentarsi di una situazione d’emergenza una “occasione di rinnovamento” della scuola; piuttosto si colga l’occasione per migliorare le condizioni di supporto al sistema scolastico, come la logistica dei trasporti per gli studenti, il servizio delle mense per gli istituti secondari, il sostegno allo studio per gli studenti in difficoltà, il finanziamento delle dotazioni strumentali e laboratoriali delle scuole». Ma anche i sindacati non sono per niente convinti da quanto sta emergendo. Il segretario della Uil Scuola Pietro Difiore è tranchant: «Ancora troppa vaghezza sulla scuola della ripartenza. Nulla sappiamo sugli effettivi passi compiuti in termini di reperimento di spazi ulteriori, di aule decentrate sul territorio, di ampliamento degli organici, di revisione dei Piani di Studio». Cinzia Mazzacca della Cgil scuola è ancora più pessimista: «L’impressione è che vogliano fare una scuoletta. Non c’è alcun piano di rilancio della scuola. Non si vogliono investire risorse in più, ma spendere quello che si spendeva prima, m con esigenze aumentate».
Scarica il pdf: scuola ART 170620
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