30 novembre 2020 – l’Adige

Un piano casa nel dopo-Covid

Le fasi alterne di quarantena e l’utilizzo diffuso della “didattica a distanza” per gli studenti oltre che del “lavoro da remoto” o “telelavoro” (che lo smart working è un’altra cosa!) per gli adulti, hanno reso ancora più evidente quanto sia importante avere una casa, in proprietà o in affitto, e la disparità fra le famiglie che hanno potuto vivere la pandemia in case spaziose e quelle costrette a passarla in abitazioni inadeguate o in strutture improprie di emergenza. E se per un verso la riduzione dei redditi da lavoro dipendente, anche del 30/40% causa la forte estensione della cassa integrazione ai tanti lavoratori e lavoratrici, anche in Trentino, ha evidenziato la modesta azione statale di supporto alle famiglie in affitto, riconducibile al solo blocco degli sfratti fino a fine 2020, per l’altro ha registrato la totale assenza di qualsiasi provvedimento di aiuto alle famiglie in affitto trentine da parte della Giunta Fugatti.
Un tema, quello dell’edilizia sociale e delle misure di aiuto alle tante famiglie che non sono assegnatarie di alloggi di edilizia pubblica, che da tanto, troppo tempo è passato in fondo alle liste di priorità della politica locale, non solo provinciale ma anche comunale e delle comunità di valle.
Negli ultimi dieci anni si è data priorità e si è investito sostanzialmente all’edilizia privata, sull’acquisto, sulla ristrutturazione agevolata delle proprietà, dando, o non prevedendo proprio, risposte sempre più parziali e inadeguate per l’edilizia pubblica e sociale. Sono piuttosto più di gran moda: le proposte interessanti, ma assai poco impattanti, di co-housing per soggetti fragili e deboli, fra gli anziani e le giovani famiglie; i progetti multipli di ormai superflui studentati per universitari, destinati a rimanere in parte non occupati; la messa a disposizione, magari gratuitamente, di pochi alloggi pubblici a pochissime persone in comuni isolati della provincia.
Le discussioni sull’edilizia pubblica sono limitate a slogan demagogici e strumentali riguardanti i problemi di illegalità od ordine pubblico nelle sempre più sfitte case pubbliche, che non si riescono più neppure a riassegnare alle famiglie “trentine” in lista di attesa. Magari per la banale mancanza delle poche risorse necessarie a sistemare i cosiddetti “alloggi di risulta” che si liberano annualmente per il ricambio fisiologico degli assegnatari Itea. La Direzione Generale di Itea prevede infatti che quest’anno si ridurranno alla metà di quelli riassegnati l’anno scorso anche questi alloggi, per problemi di stanziamento a bilancio, legati alle gare per la manutenzione straordinaria del proprio patrimonio abitativo, col risultato di ridurre al minimo, quasi a zero, l’apporto della Società pubblica Itea alle politiche abitative provinciali.
Sono infatti poche decine all’anno le abitazioni nuove costruite da Itea, nell’ultimo quinquiennio; dal 2018 è scaduto il piano di Housing Sociale che ha assegnato 500 alloggi a canone moderato e ritarda il decollo di un nuovo Piano, per il quale non si è ancora aperta la gara per l’individuazione del gestore dello strumento, ne’ si pensa al coinvolgimento di società finanziarie locali (Euregio Plus) che potrebbero, risparmiando tempo e denaro, svolgere “inhouse”, tale compito. Ricordiamo che il “canone moderato” sarebbe il più indicato per tutti coloro che sono troppo ricchi per mettersi in lista in attesa di un alloggio a canone sociale e troppo poveri per immaginare di accedere alla prima casa in proprietà, anche solo per l’anticipo non coperto dal relativo mutuo ipotecario per l’acquisto.
Non si è proceduto a rifinanziare nemmeno l’istituto del “contributo integrativo all’affitto” sul mercato privato per aiutare la platea dei destinatari, allargatasi per i tanti redditi taglieggiati dalla cassa integrazione guadagni, né tanto meno attivato un qualsivoglia Fondo di Garanzia per l’affitto, di cui si parla da anni, ma di cui si sono perse le tracce.
La Uil chiede da anni anche un piano di investimenti finalizzato a potenziare un offerta abitativa economicamente accessibile, socialmente funzionale ed eco-sostenibile, attraverso la messa a disposizione di immobili e spazi pubblici inutilizzati da ristrutturare o ricostruire utilizzando fondi pubblici e privati per offrire sul mercato a prezzi calmierati altre soluzioni abitative, soprattutto nei comuni ad alta densità abitativa, Trento, Rovereto e la “Busa” di Arco e Riva. Bisognerebbe inoltre incrementare inoltre l’offerta di abitazione del mercato privato da affittare con contratti a canone concordati, utilizzando agevolazioni fiscali diverse e maggiori di quelle in essere, operando sulle tasse sulla casa ed i servizi annessi imposte dai comuni.
Facciamo inoltre una proposta nell’ambito delle operazioni che potrebbero essere finanziate col Recovery Fund o con l’accensione dell’eventuale ventilato prestito obbligazionario denominato “Bond Trentino”. Si potrebbe ipotizzare di investire o raccogliere risparmio per almeno 100 milioni di euro per realizzare 1.000 abitazioni economiche di superficie media intorno ai 60-65 metri quadri, la cui progettazione e direzione lavori potrebbe essere affidata ad Itea spa, mentre i comuni potrebbero mettere a disposizione le aree, magari quelle dismesse o in cui ci sono immobili o strutture abbandonate, attuando un programma per il loro recupero, attraverso la demolizione, ricostruzione, trasformazione, magari agevolata al 110% dalle misure statali, che valgono anche per l’edilizia pubblica, da destinare alle famiglie in attesa di un alloggio.
Far ripartire l’edilizia pubblica permetterebbe inoltre di riattivare il volano primo dello sviluppo economico tradizionale, l’edilizia residenziale, cui si potrebbe accompagnare una campagna di innovazione, sia nel campo delle costruzioni che tecnologica, oltre che dal punto di vista finanziario, non utilizzando risorse dirette del bilancio provinciale, da assegnare ad altri investimenti, magari in ricerca e sanità, o nella riqualificazione dei lavoratori più anziani o espulsi dai cicli produttivi o nella formazione scolastica, professionale ed universitaria delle nuove generazioni dei nostri giovani. Certo di questi argomenti sarebbe importante sì discutere e confrontarsi, ma non solo sulla stampa o nei talk show. Ricordiamo che purtroppo, dal 2017, non esiste in Trentino un luogo istituzionale aperto alle parti sociali ed agli enti locali, oltre a quelli preposti alla materia (Itea), che studi e monìtori la situazione abitativa della nostra provincia. Il Sindacato ne ha chiesto e continua a chiederne la creazione, come in tante altre regioni d’Italia. Ci auguriamo che almeno rispetto a questo la Giunta faccia un passo avanti, visto che rispetto alle politiche della casa siamo ormai tre passi indietro.

Walter Alotti
Segretario generale Uil del Trentino Gia componente CdA Itea

 

Scarica il pdf: ADIGE casa ART 301120 (1)