La provincializzazione dell’Università

Un percorso dagli esiti prevedibilissimi

L’entrata a gamba tesa del Governo provinciale con la proposta del Consigliere Cia di attribuire alla Provincia anche la nomina della Presidenza dell’Opera universitaria è lo sbocco ampiamente prevedibile della riforma del 2010 che ha trasformato l’Università di Trento in Università trentina. Riforma che la Uil, a suo tempo unica voce sindacale fuori dal coro, aveva strenuamente avversato.

Numerosi i nostri interventi, con Vincenzo Bonmassar e Maurizio Migliarini in testa, a porre il rischio di una modifica legislativa dallo stampo fortemente ideologico, contraria allo statuto di una Universitas studiorum.

Una modifica degli organismi di governance universitaria che condusse al risultato di lasciare fuori dalla cabina di regia dell’Ateneo, e dalla stessa vita dell’Ateneo trentino, le rappresentanze dei lavoratori, purtroppo assieme a tanti altri soggetti della società civile trentina: una partecipazione attiva derubricata a conferenza annuale di ascolto e contatto con gli stockholder dell’importante istituzione.

Del rischio di una riforma ispirata da una concezione proprietaria dell’Università, così come della Scuola e di ogni emanazione provinciale, nel corso degli anni la UIL ha cercato di porre in guardia il decisore politico, chiedendo un tempestivo intervento. Giova ricordare come ogni modifica, in termini di ingegneria istituzionale, necessiti di cautela e di capacità di porre in equilibrio quei meccanismi di “pesi e contrappesi” che possano garantire processi decisionali democratici. Elementi che non sono stati tenuti in debito conto.

Dal 2018 i rapporti di forza politici, tra le divere rappresentanze consigliari, sono decisamente mutati, Per queste ragioni, ed in forza dei numerosissimi di parte sindacale UIL e UIL Scuola RUA, siamo basiti davanti agli stupori dei rappresentanti delle forze politiche e sindacali, che allora non si avvidero del “vulnus” che quell’accordo, sostanzialmente economico tra lo Stato (Tremonti- Calderoli) e la Provincia (Dellai), poteva creare: con l’immediata cancellazione della partecipazione delle parti sociali e della società civile dalla vita dell’Ateneo, con la chiusura all’interno dei confini di un’autocompiaciuta ricca autonomia, capace di creare centinaia di milioni di euro di riserve finanziarie, erogate poi già negli ultimi anni della Giunta Rossi col “misurino”.

Una svolta copernicana rispetto alle scelte di Kessler e Ferrari che li aveva portati a mantenere il legame con lo Stato ed a percorrere la strada della “libera università” e del suo Statuto particolare.

Non siamo convinti, a differenza dell’ex Assessora Ferrari, che l’azione provocatoria di Cia e della maggioranza di centro-destra sarà rigettata in Consiglio Provinciale: in passato Scuola e Università hanno assistito a continue invasioni di campo rispetto alla propria autonomia, invasioni e violazioni subite in forza dei numeri di una maggioranza.

L’invito che poniamo oggi a tutto il mondo della politica è quello di avere la capacità di ammettere gli errori, di tornare sui propri passi e di aprire una discussione sulle modalità di gestione dell’importantissima competenza dell’Università, tenendo presente questa volta l’autonomia che la conoscenza e la scienza debbono laicamente sempre avere, dal e sul territorio.

“L’arte e la scienza sono libere”, ci indica la nostra Costituzione. Non possono essere dominate da alcun potere: politico, economico, finanziario e nemmeno autonomistico istituzionale.

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