04 giugno 2021 –  l’Adige

In Trentino il Covid-19 brucia 2 miliardi di Pil: in un anno giù del 9,8% Solo Bolzano fa peggio

Due miliardi di euro bruciati. Tanto stima l’Ispat sia costato il Covid-19 al Trentino in termini di prodotto interno lordo (Pil), analizzando le variazioni di dinamica economica nel territorio tra 2019 e 2020. L’istituto statistico provinciale calcola nei dodici mesi una flessione di Pil da 20 miliardi e 656 milioni di euro (era stata la miglior performance nel decennio partito nel 2010) a 18 miliardi e 632 milioni, con una differenza di 2 miliardi e 24 milioni di euro. Per il Trentino un arretramento complessivo del -9,8%, con una prestazione peggiore rispetto al -8,9% di media nazionale, sostanzialmente allineato al -9% attribuito alle regioni del Nordest. Ancor più rumoroso il tonfo dell’Alto Adige: -11,3%. È il dato peggiore in un Paese che vede, inoltre Sud e Isole al -8,4%, Centro al -8.5%, Nordovest al -9,3%. Secondo i ricercatori Ispat, il Trentino paga lo scotto soprattutto come regione a forte vocazione turistica, al pari della vicina Provincia di Bolzano.

A questo si uniscono il prolungato stop alle filiere non riconosciute come essenziali (che Ispat stima abbia colpito il fatturato del 40,7% delle attività economiche trentine) e il cambiamento delle abitudini di consumo delle famiglie che hanno ridotto gli acquisti, in particolare di beni durevoli e servizi, sia per l’incertezza indotta dalla crisi, sia per le limitazioni alle aperture. La flessione più importante riguarda il settore agricolo (-12,2% contro il 6% di media nazionale, nonostante i buoni riscontri nei settori più forti com frutticoltura e viticoltura), mentre la scivolata è più contenuta nell’industria (-10,3% contro 11,1% in Italia). Trentino peggio del resto del Paese anche nei servizi (-9,7% contro -8,1%) e nelle costruzioni (-6,9% contro 6,3%). I numeri sono ancora più rilevanti se si pensa a commercio, ricettività e ristorazione (-18,6%) o attività professionali artistiche e di intrattenimento (-21,1%).

«La dinamica negativa — ragiona Matteo Degasperi, esperto del centro studi della Camera di commercio di Trento — è legata in primis alle difficoltà del turismo. Ha inciso anche l’export che da noi ha una rilevanza tra il 20% e il 22%, ma inferiore ad altre aree del Nordest, dove si tocca il 30%. Certo, nei quindici mesi compresi tra inizio 2020 e 31 marzo scorso, se parliamo di fatturato, la stima complessiva può oscillare tra i 3,5 e i 4 miliardi persi nel periodo». E la pandemia a sentire Giovanni Bort avrebbe colpito anzitutto le realtà con uno sviluppo più solido. «Probabilmente — ragiona il presidente della Camera di commercio di Trento — le difficoltà si sono fatte sentire con più forza dove c’è una crescita più spinta. Se penso all’Alto Adige, per esempio, non escludo possa avere inciso per le esportazioni il forte legame con l’area germanica, dove sono state applicate limitazioni molto severe». Sul versante sindacale, però, c’è fiducia in una ripresa progressiva, sorretta dal rallentamento della circolazione del coronavirus, con il crescere delle adesioni alla campagna di vaccinazione. «È vero — osserva Walter Alotti, segretario generale Uil Trentino — che la crisi nel turismo è stata molto pesante e, dunque, si è pagato un conto salato per l’occupazione, specie stagionale. Ora, però, il rimbalzo sembra essere dietro l’angolo, con segnali di miglioramento percettibili già in questo mese di giugno». Una ripresa che anche Achille Spinelli vede a portata di mano, rivendicando l’impegno della Provincia. «L’ente — sottolinea l’assessore all’Economia — ha messo in campo misure per sostenere imprese e lavoratori colpiti dalla crisi Covid-19 nella certezza che dopo la recessione, ci sarebbe stato il tempo della ripresa. In questa fase finale del primo semestre 2021 si intravvedono segnali di recupero, con alcuni settori che stanno crescendo, mentre quelli più colpiti guardano con maggior ottimismo al futuro, grazie al fatto che la situazione dei contagi sta permettendo aperture e riduzione delle restrizioni».

 

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