Sanità. Una riforma che non guarda al futuro
Sanità. Una riforma che non guarda al futuro
Cgil Cisl Uil perplessi: restano sul tavolo i nodi della carenza di professionisti e della medicina di base. Giudizio sospeso fino al confronto sul merito
Guarda più al passato che al futuro la riforma dell’Azienda sanitaria adottata ieri dalla Giunta provinciale. E’ quanto temono i segretari di Cgil Cisl Uil del Trentino che parlano di “molto rumore per nulla”. A lasciare perplesse le tre confederazioni è soprattutto la mancanza di risposte concrete su alcune delle criticità che rischiano di compromettere nel prossimo futuro l’assistenza sanitaria in Trentino, almeno nei livelli qualitativi conosciuti fino a questo momento. “Concordiamo con l’assessora Segnana quando afferma che il Covid ci ha dimostrato la centralità dell’assistenza sanitaria sul territorio. Crediamo però che il modello organizzativo dell’ospedale policentrico non sia la risposta utile e sufficiente per realizzare in modo realmente sostenibile un modello diffuso e capillare sul territorio – spiegano Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Serve un rafforzamento della medicina territoriale intesa come presidi medici di base, in cui si integrano le figure del medico e quello dell’infermiere di territorio per portare prevenzione, assistenza e cura delle cronicità più vicino possibile al cittadino.”.
Una delle ragioni delle difficoltà a mettere in atto una tale organizzazione decentrata è il nodo della carenza di professionisti e personale sociosanitario, soprattutto di quelli disposti a operare in piccolo presidi ospedalieri. “Concentrare casistiche simili in ospedali non agevola il cittadino, né crea automaticamente quelle condizioni per attrarre i professionisti che spesso hanno bisogno di equipe plurispecialistiche e del confronto continuo con altri professionisti sanitari per assicurare standard qualitativi soddisfacenti per il paziente, ma anche per la crescita del medico e di tutto il personale sanitario”.
Sulla medicina territoriale secondo i sindacati il modello organizzativo delle aggregazioni rischia di essere ancora troppo debole e non sufficientemente attrattivo per i nuovi medici. Soprattutto non si vede il necessario investimento sulla medicina generale. Serviva più coraggio nell’integrazione organizzativa maggiore spinta sui sistemi di telemedicina e teleassistenza.
Infine il nodo delle risorse: ad oggi non è chiaro quali e quante saranno le risorse che la Provincia è pronta ad investire per portare a regime il nuovo modello. In ogni caso, affermano Grosselli, Bezzi e Alotti “attendiamo di disporre nel più breve tempo possibile del progetto nella sua complessità così da poter presentare le nostre osservazioni in modo costruttivo ed avviare il necessario confronto con la Giunta”.
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