6 settembre 2016 – Corriere del Trentino
«Non insegna bene l’inglese»: sospesa
Il nuovo anno scolastico è alle porte, ma per una docente del liceo Prati inizierà davvero male. Anzi, per ora rischia di non iniziare proprio, vista una sanzione che la riguarda che prevede la sospensione dell’insegnante dal servizio per 40 giorni. La motivazione del provvedimento? Le sue presunte scarse capacità di insegnamento della sua materia, l’inglese. Un’accusa grave legata a una pesante disposizione contro cui la professoressa trentina (di cui, a tutela della privacy, omettiamo le generalità) ha presentato ricorso contro la Provincia in tribunale per chiedere una sospensione del provvedimento.
Una vicenda che ora vede la decisione di Piazza Dante di resistere di fronte al giudice del lavoro.
Un episodio di quelli che non si sentono spesso in Trentino. Una vicenda, vale la pena di ricordarlo, tutt’ora in corso, anzi nel pieno del suo svolgimento in cui, perciò, nessuna accusa è stata finora provata. Una delicata situazione che vede contrapposte la Provincia e la docente, un’insegnante di inglese dall’esperienza pluriennale, dallo scorso anno in servizio al liceo Prati. Tutto è iniziato qualche mese fa, momento di inizio dell’iter che ha portato alla sanzione.
Iniziamo dai fatti: ad anno scolastico 2015-2016 in corso è avvenuta dapprima una verifica preliminare, poi una verifica ispettiva. Quindi è stata la volta dell’audizione dell’insegnante e della sanzione, una sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per 40 giorni. Una sospensione che avrebbe a che fare con l’accusa di presunte scarse capacità della docente di insegnamento nella lingua inglese, di sua competenza. A dare il via alla vicenda sarebbero state, si dice negli ambienti vicini alla scuola stessa, alcune segnalazioni di studenti e genitori alla dirigente dell’istituto. Lamentele di carattere didattico-metodologico e riguardanti la comunicazione in inglese. Rilievi cui la preside avrebbe deciso di dare credito con una segnalazione che avrebbe portato all’ispezione.
La sanzione di fatto preclude la possibilità all’insegnante di iniziare regolarmente l’anno scolastico alle porte. Nonostante il legale della docente, avvocato Alessandro Malossini, abbia presentato in tribunale un ricorso con contestuale istanza cautelare per ottenere (da subito) la sospensione e (definitivamente) l’annullamento della sanzione, la scuola per l’insegnante inizierà comunque con otto giorni a casa. L’udienza davanti al giudice Giorgio Flaim è infatti fissata dopo la prima campanella, di lunedì prossimo.
«Il silenzio è d’obbligo» dichiara la dirigente del liceo classico Prati Maria Pezzo. Che accetta di parlare solo per precisare la posizione della scuola: «Parliamo di una realtà legata alla necessità per i nostri ragazzi di acquisire delle conoscenze, di conseguire nei cinque anni di liceo almeno una certificazione di livello B2 in inglese. Ci siamo mossi per garantire un insegnamento adeguato ai nostri studenti. Gli insegnanti devono saper insegnare. Quest’insegnante non ha una certificazione. Per l’assunzione fino a qualche anno fa era sufficiente avere una laurea in lingua inglese. Gli altri insegnanti hanno ottenuto una certificazione. Con la nuova normativa è obbligatoria. Di fronte a un’insegnante che non ha la certificazione e che non ha intenzione di averla ci siamo mossi. Bisogna tutelare i ragazzi».
Studenti alla cui preparazione il liceo, che quest’anno per la prima volta inizia l’anno con sei classi al ginnasio, è molto attento. Cosa accadrà quindi alla docente? A rispondere è sempre Pezzo: “Il 12 settembre (lunedì, ndr) non entrerà in classe». Poi si vedrà: «Qui non parlo, dipende dalla decisione che lei prenderà se tornare nella nostra scuola o no» aggiunge la dirigente. Portavoce della professoressa è il suo avvocato, Malossini, che dà voce a diverse «perplessità».
«Non mi risulta che serva un’ulteriore certificazione. L’insegnante è di ruolo, abilitata, laureata. Ha superato un concorso per ciò. Ha sempre fatto i corsi di aggiornamento. È una cosa abbastanza strana che una docente insegni per 25 anni in altre scuole trentine e poi, al primo anno in una scuola, poco dopo il trasferimento, ci sia una verifica preliminare che si è poi trasformata in verifica ispettiva». Ancora: «Quella che le è mossa è un’accusa strana per un procedimento disciplinare: non riguarda un episodio particolare, ma le capacità didattiche. Si parla di “scarse capacità di insegnamento” nella sua lingua, l’inglese, ma non è vero. Sono tanti anni che insegna e prima di questa vicenda non ha mai avuto note di demerito. Al di là del fatto che una sanzione tale pesa per chi vive di stipendio, la mia assistita ha fatto ricorso per riaffermare la sua immagine personale e professionale. Agendo così si va a creare un precedente e a mettere in discussione l’autonomia di insegnamento dei docenti». Sempre l’avvocato dice: «Una laurea come quella della docente (di vecchio ordinamento, ndr) equivale alla certificazione, non mi risulta ne serva una ulteriore. La scuola, poi, dice che i ragazzi non sarebbero abbastanza preparati per affrontare un esame di certificazione: questo è un fine che non è previsto dalle linee guida ministeriali. Va bene, ma da qui a punire un insegnante per un’assenza di idoneità ad avviarvi i ragazzi ne passa. Poi è tutta un’opinione».
Anche la Uil Scuola sottolinea alcune «stranezze»: «La presunta scarsa conoscenza della lingua inglese alla docente è contestata da persone che non sono laureate in lingua inglese, né che hanno competenze specifiche per la lingua straniera. Questa insegnante è in ruolo da anni e ha insegnato in diverse scuole. Al di là della sanzione, poi, si sarebbero potute trovare soluzioni diverse, non persecutorie rispetto all’insegnante, per dare garanzie agli studenti».
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