24 febbraio 2022 – Trentino, Corriere del Trentino

La rivoluzione in Tim «A rischio cento posti»

 

Se il prossimo piano industriale di Tim (Telecom Italia Mobile) prevedesse di scorporare la rete (i cavi) dai servizi, come da indiscrezioni degli ultimi mesi, i sindacati paventano ripercussioni sul personale.

È per questo motivo che Cgil, Cisl e Uil hanno promosso per la giornata di ieri uno sciopero a livello nazionale — e quindi anche in Trentino — comprensivo dell’astensione dalle prestazioni straordinarie (in questo caso fino al 2 marzo 2022). Per stare al territorio regionale, secondo le stime dei sindacati sugli oltre 400 lavoratori presenti, un centinaio rischierebbe il posto. Si aggiungono inoltre tutti quelli che lavorano nell’indotto, tra società di installazione telefonica, call center e information technology il cui impiego, almeno in quota a parte, sarebbe messo e repentaglio.

Il giorno della verità sarà il prossimo 2 marzo quando l’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, presenterà al consiglio d’amministrazione il prossimo piano industriale valido da quest’anno al 2024 e le cui linee guida sono già state illustrate al cda il 26 gennaio scorso. C’è poi un ulteriore fattore che ha messo in allarme i sindacati. E cioè l’interesse per la società del fondo d’investimento statunitense Kkr che, almeno per il momento, sembrerebbe «congelato» in attesa di eventuali sviluppi futuri. Ieri, nella sede della Cgil di via Muredei, i sindacati, nel corso di una conferenza stampa, hanno espresso le loro preoccupazioni per la situazione venutasi a creare.

«L’ipotesi di scorporo-cessione della rete preoccupa lavoratori e sindacati. È a rischio anche la tenuta di un servizio strategico per il Paese. Nell’ultimo trentennio, in Italia — hanno detto all’unisono Norma Marighetti (Slc-Cgil), Bianca Maria Catapano (Fistel-Cisl) e Maurizio Franchi (Uilcom) — riguardo le telecomunicazioni si è deciso di puntare su un modello sbagliato. Un settore che ovunque rappresenta un volano di crescita e sviluppo tecnologico è stato ridotto, nel nostro Paese, a bruciare 12 miliardi di euro di ricavi negli ultimi undici anni».

Norma Marighetti ha aggiunto inoltre che «è necessario un intervento pubblico, lo Stato deve scongiurare gli esuberi e perseguire una politica che non crei cittadini di serie A e B nell’erogazione dei servizi. Tutta la comunità nazionale ha diritto ad una connettività efficace».

Secondo Bianca Maria Catapano «la rete deve rimanere a partecipazione pubblica. Tantopiù in questo momento difficile segnato dalla pandemia che ha consentito la connettività a tutti».

«Quella che si sta delineando — ha affermato Maurizio Franchi — è una tempesta perfetta. Le indiscrezioni riportano che in tutta Italia sarebbero a rischio 8000 posti di lavoro. È una pazzia l’idea di smembrare la rete dai servizi. Tim deve rimanere il leader di riferimento dello Stato nel settore delle telecomunicazioni. Il governo è chiamato ad intervenire attraverso Cassa depositi e prestiti, che è controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze e che fa parte del cda di Tim. Cassa depositi e presti batta il pugno sul tavolo per dire di no a questa completa liberalizzazione del settore».

«Non può essere solo il profitto a guidare scelte strategiche e investimenti — hanno concluso i rappresentanti dei lavoratori — Tutto il territorio ha bisogno di un piano di digitalizzazione capillare, attraverso il Pnrr, e va reso esigibile il diritto alla connessione di qualità per tutti. Non è con la costruzione di tante piccole reti in fibra che si doterà l’Italia di una infrastruttura inclusiva e aperta».

 

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