Servizi sanitari. L’assenza di professionisti è ormai un’emergenza.
Per i sindacati bisogna porre fine agli slogan e darsi una strategia di lungo periodo come fa lo Stato con il Pnrr. No agli aumenti alla direzione Apss che valgono quanto gli stanziamenti per la riorganizzazione
Dichiarazioni dei segretari generali di CGIL CISL UIL del Trentino, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti
La testimonianza del primario del pronto soccorso del Santa Chiara è per certi versi drammatica ma almeno ha il merito di fare chiarezza sulla difficoltà endemica nel reperire le professionalità nel campo sanitario necessarie a garantire i servizi essenziali alla popolazione in particolare in un territorio montano e periferico come il Trentino. Quello del dottor Ramponi è un allarme pienamente condivisibile.
Perché tutto questo renderà più fragile la sanità territoriale vista la progessiva penuria anche di medici di medicina generale che dovrebbero essere il primo vero presidio di salute per la popolazione contrastabdo così gli accessi impropri alle strutture ospedaliere.
Abbiamo assistito per anni alla sottovalutazione di questo problema che purtroppo neppure il varo della facoltà di medicina a Trento potrà risolvere. In un mercato del lavoro sempre più competitivo ed europeo come quello dei professioni della salute, a fare la differenza è la capacità attrattiva di un territorio e di un sistema sanitario garantendo quindi crescita professionale, innovazione nei servizi ed un’organizzazione capace di premiare il merito e sostenere la ricerca e la sperimentazione in campo medico e sanitario.
Per fare tutto questo servono strategia e investimenti di lungo periodo, non slogan. Men che meno in questo quadro si possono staccare aumenti di centinaia di migliaia euro – 340mila in cinque anni – come quelli voluti dalla Giunta per il nuovo direttore generale, quando la riorganizzazione dell’Apss prevede un investimento ridicolo a regime di soli 400mila euro.
Purtroppo in questi anni abbiamo invece assistito prima al tentativo della Giunta Fugatti di tagliare di 120 milioni di euro il budget dell’Azienda sanitaria, poi alla sostituzione di ben due direttori generali nel giro di due anni, infine all’ennesimo rinvio sine die del progetto di realizzazione del Not. Anche la pandemia, che ha messo per due anni di fila sotto stress l’intero sistema sanitario provinciale, poteva essere il contesto in cui rilanciare un nuovo modello di medicina territoriale che partisse dall’assistenza sociale e domiciliare fino a disegnare un nuovo ruolo degli ospedali periferici. Invece ora assistiamo ad un progressivo processo di esternalizzazione e di privatizzazione dei servizi sanitari mentre dopo mille titubanze stiamo ancora inseguendo lo Stato che con il Pnrr e il recente decreto di riassetto della sanità e del sociosanitario sul territorio punta sulla rivoluzione digitale e sulle case di comunità come strumento imprescindibile per avvicinare i servizi sanitari ai cittadini.
Ora ci attendiamo una vera svolta che metta da parte gli slogan e sia in grado di progettare, con il concorso di tutti gli attori, una sanità all’altezza dei bisogni dei trentini. Serve un percorso di confronto che veda il pieno coinvolgimento anche delle organizzazioni sindacali.
Trento, 8 maggio 2022
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