l’Adige – 08 agosto 2022

Matteo Salvetti (Segretario Feneal UIL): «Il lavoro torni al centro dell’agenda politica»

Caro direttore, dopo la caduta del governo di unità nazionale, ci avviciniamo all’appuntamento elettorale del 25 settembre. Per il momento, nel processo di definizione degli schieramenti, sembra giocarsi una partita tattica basata su schemi di alleanze che mette inevitabilmente in secondo piano i contenuti dei programmi elettorali, ancora in fase di elaborazione. Una retorica molto distante dalle esigenze della popolazione che, senza una rapida inversione di tendenza, porterà inevitabilmente ulteriore disaffezione nei confronti della politica con prevedibili ripercussioni negative per quanto riguarda i dati di partecipazione al voto. In un quadro politico ancora molto confuso, emerge in ogni caso -non solo a sinistra -la necessità di rimettere il lavoro al centro del dibattito e di affrontare la “questione salariale” per rilanciare il potere di acquisto delle retribuzioni e contrastare il fenomeno, in espansione, dei cosiddetti “working poors”. Già nell’ultima fase dell’uscente governo Draghi, molto si era discusso, con coinvolgimento delle parti sociali, in merito all’introduzione di un “salario minimo” di legge. Una novità, per il nostro ordinamento giuridico. Bisogna tuttavia prendere atto che, tra le diverse correnti politiche, sussistono diverse sensibilità in merito a questa proposta. C’è chi spera, senza dichiararlo esplicitamente, che l’introduzione di una retribuzione minima per legge possa sostituire completamente la contrattazione collettiva e quindi indebolire il ruolo dei sindacati, abbassando a livello generale un costo del lavoro ritenuto sempre e comunque eccessivo. C’è invece chi –e tra questi le Organizzazioni sindacali –ritiene invece opportuno limitare l’introduzione del salario minimo ai soli settori non coperti dalla contrattazione collettiva, là dove al momento si riscontrano le condizioni salariali peggiori e sacche di sfruttamento senza controllo. Esiste tuttavia una terza corrente di pensiero, che guarda all’introduzione di un salario minimo in maniera assai più opportunistica, comead uno straordinario strumento di consenso elettorale da sfruttare. Non a caso, le promesse di innalzamento dei minimi salariali di legge sono essenziali al marketing politico elettorale di alcuni acclamati leader delle cosiddette “democrazie illiberali”. Nel 2021, Victor Orban, in vista delle elezioni, ha infatti provveduto ad innalzare di 100 euro le retribuzioni minime degli ungheresi. Una “conquista” che i lavoratori magiari hanno pagato rinunciando ad altre libertà individuali fondamentali. Tornando al nostro Paese, credo invece che –per consentire un effettivo aumento di diritti e retribuzioni per i lavoratori -la contrattazione collettiva debba essere rafforzata introducendo per legge la validità “erga omnes” dei contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative. Senza dimenticare la necessità di contrastare forme di lavoro nero e grigio che, continuando ad esistere, rendono inutile la contrattazione collettiva e vana l’introduzione di un eventuale “salario minimo”. In ultimo, ricordiamoci che esistono Paesi non meno democratici del nostro (Svezia, Danimarca, Austria) dove un salario minimo non esiste perché la contrattazione collettiva riesce già da sola a dare tutela a tutti i lavoratori. E che, per contro, come ricordato, ne esistono altri, dove il salario minimo è presente, in un sistema politico che, tuttavia, ostacola l’esercizio di tante libertà individuali, tra le quali quella di associazione sindacale. È proprio quest’ultimo uso del “salario minimo” che il nostro Paese non può permettersi; se è vero che, come diceva Filippo Turati; «le libertà sono solidali, non se ne offende una senza offenderle tutte».

Matteo Salvetti (Segretario Feneal UIL)

Non ricordavo questa frase di Turati. Una frase che molti politici dovrebbero ricordare. Nel merito, lei solleva una questione particolarmente delicata in un Paese che tende troppo spesso a cercare di accontentare alcuni scontentando poi tutti gli altri. In questo periodo arriveranno molte promesse e, temo, poche idee concrete anche sul futuro del salario minimo e di altre forme simili. La sua lettera fa riflettere sul fatto che di idee, in questa breve ma intensa e strana campagna elettorale, se ne stanno vedendo davvero poche. Si vedono divisioni. Si vedono battaglie contro ipotetici nemici. Si vedono manovre che, come giustamente lei ci ricorda, finiscono solo per allontanare il cittadino/elettore dalla politica, dalle urne, dalla cosa pubblica, dalle istituzioni. Speriamo che gli errori degli altri ci aiutino a non commetterne e speriamo che determinati temi finiscano al centro del programma del nuovo governo. I contenuti che non vediamo oggi potrebbero arrivare dopo il 25 settembre: questo è l’auspicio.

Alberto Faustini (Direttore l’Adige)

 

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