Trentino, Corriere del Trentino, Il T – 18 gennaio 2023

Bolzano la città più cara d’Italia. Trento è sul podio dietro Milano. I sindacati: «Adeguare il welfare»

TRENTO Tremila trecento ventidue: sono gli euro che una famiglia tipo ha speso in più rispetto nel 2022 rispetto all’anno precedente. I dati dell’Istat, sull’inflazione tendenziale di dicembre, sanciscono Bolzano come la città più cara d’Italia. Almeno per quanto riguarda i capoluoghi e le città con più di 150 mila abitanti, secondo una nota diffusa dall’Unione Nazionale Consumatori. L’inflazione nel capoluogo altoatesino si è attestata al 12,5%. E se Bolzano piange, Trento non ride perché finisce sul podio, terza dietro a Milano (prezzi in rialzo del 12%) con una inflazione in crescita del 12,3 e un costo supplementare per famiglia media pari a 3.219 euro. E Trento «batte» Bolzano nel caso di una famiglia di 4 persone: 5.091 euro in più, contro 4.692. Non sorprende dunque la regione guidi la classifica dei rincari con una inflazione tendenziale che a dicembre è stata pari al 12,3% con un rincaro medio di 3196 euro, superiore a Lombardia (2.858, +11%) e Liguria (2.806, +13,6%). «E un primato che purtroppo ci portiamo appresso da molto tempo — sostiene Gunde Bauhofer del Centro Tutela Consumatori Utenti di Bolzano — purtroppo pesano il costo dell’energia che sta trainando tutto il resto e quello degli alimentari. Ora si è aperto il nuovo fronte con la questione carburante con la fine dello sconto sulle accise che avrà ripercussioni sul costo del prodotto che viene trasportato e a farne le spese è il consumatore che non può scaricare su altri». Energia, alimentari e anche il caro casa, aggiunge Elena Bonaldi, presidente della Confesercenti di Bolzano: «Laddove i terreni sono pochi, come sul nostro territorio, il prezzo lievita tantissimo. Poi in una città montana lo stesso trasporto delle merce ha un costo maggiore. Ma non dobbiamo dimenticare che abbiamo una qualità di vita molto alta. E tanta gente ci guarda con invidia. Comunque certe statistiche mi fanno spesso sorridere perché temo che in centro a Milano il caffé possa costare più che a Bolzano ».
In effetti abitazione, acqua, elettricità e combustibili sono le voci cresciute di più (+62% rispetto a dicembre 2021), secondo i dati diffusi proprio ieri dalla commissione prezzi del Capoluogo altoatesino. E che spingono la CNA, attraverso il presidente regionale Claudio Corrarati a chiedere con forza l’avvio del tavolo sui prezzi. «È trascorso quasi un anno dalla proposta dell’assessore Angelo Gennaccaro di attivarlo, ma ancora niente si è mosso. Come CNA siamo convinti che la situazione attuale, ancora più critica di quella di 12 mesi fa, richieda con urgenza l’attivazione di un confronto tra le parti sociali per gestire al meglio le continue emergenze con le quali deve fare i conti l’economia del territorio».
Una situazione che, scendendo più a sud, allarma i sindacati trentini: «È un anno ormai che le famiglie e i pensionati devono fare i conti con costanti aumenti dei prezzi. Una situazione che con il passare del tempo aumenta le difficoltà di molte famiglie e a cui si somma purtroppo anche l’aumento degli interessi bancari con ripercussioni pesanti per chi ha mutui a tasso variabile per la casa», fanno notare i segretari provinciali Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti che sollecitano la giunta ad adeguare tutte le misure di welfare, dall’assegno unico alle quelle per l’edilizia abitativa. «La prima parziale indicizzazione dell’assegno unico è stato un passo importante. Ora chiediamo alla Giunta Fugatti di fare il passo successivo: renda piena e strutturale la misura dell’indicizzazione per tutte le politiche di welfare e agisca anche sull’adeguamento dell’indicatore Icef, come sta avvenendo a livello nazionale con l’Isee».
L’inflazione alta si traduce inevitabilmente in una contrazione dei consumi: «È qualcosa che si sta già vedendo — ammette il presidente di Confesercenti di Trento Mauro Paissan — e nello stesso tempo c’è il rischio anche per le imprese perché sono aumentati tutti i costi e questo può erodere l’utile delle imprese. Andiamo incontro a un periodo difficile, tra l’altro stanno aumentando notevolmente anche i tassi di interesse quindi…Se il 2022 si è chiuso molto bene il 2023 resta un punto di domanda, anche se per fortuna il lavoro c’è».

 

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