Corriere del Trentino – 21 marzo 2023
«Sono quote ancora insufficienti, serve una nuova politica di gestione dei flussi»
Trento Sul decreto flussi intervengono i sindacati confederali del Trentino, che invitano il governo provinciale a superare la legge Bossi-Fini e ad affrontare «senza pregiudizi e ipocrisie» la gestione dei flussi migratori con più ingressi, maggiori dei tremila richiesti, meno burocrazia e più politiche di accoglienza.
D’altronde, sottolineano Andrea Grosselli (Cgil), Michele Bezzi (Cisl) e Walter Alotti (Uil), il Trentino come il resto d’Italia ha bisogno di lavoratori stranieri. Bisogna quindi affrontare il «nodo» della carenza di manodopera «senza pregiudizi né ipocrisie, puntando al superamento della legge Bossi-Fini», investendo nella gestione di flussi regolari di immigrati per favorire anche l’emersione dei lavoratori irregolari e mettere in campo politiche di accoglienza che facilitino l’integrazione di quanti arrivano sul nostro territorio, riconoscendo loro diritti e doveri.
Ne sono convinti Cgil, Cisl e Uil, che guardano con pragmatismo ai bisogni del mercato del lavoro locale. «È solo questione di settimane — spiegano — ma a breve riprenderà la solita litania delle imprese agricole che non trovano lavoratori, degli alberghi in affanno per la stagione estiva perché manca manodopera e così via anche per gli altri settori economici». In questo quadro, dunque, «è miope non chiedere più ingressi per i lavoratori stranieri».
Nelle scorse settimane le tre confederazioni hanno giudicato insufficienti le quote di ingressi di lavoratori extra Ue destinati al Trentino. I numeri richiesti dalla Provincia di Trento, anche se in crescita rispetto a quelli dell passato, non sono sufficienti a coprire il bisogno di manodopera, soprattutto nei settori dell’agricoltura e del turismo. Per il Trentino le quote d’ingresso sono poco meno di 3.000. La quasi totalità, 2.550, tra l’altro è per occupazioni a tempo determinato — annuali o pluriennali — in crescita di 670 unità rispetto al 2019. A questi, si aggiungono 300 posti per occupazioni fisse, come richiesto dalle associazioni datoriali. Alle cifre, ricordano i tre sindacati confederali, si aggiunge la complessità dell’iter burocratico, tra perizie asseverate e silenzio-assenso dei centri per l’impiego nazionali. «Si tratta di un vero e proprio percorso ad ostacoli, che va assolutamente superato, anche nella logica di favorire l’emersione del lavoro irregolare», insistono.
Ma non si parla solo di numeri. La gestione dei flussi di immigrazione non si esaurisce, infatti, ampliando le quote di ingresso. Richiamare lavoratori stranieri vuole dire, sottolineano ancora i sindacati, «strutturare un sistema di accoglienza e di integrazione che il Trentino aveva già e che l’attuale giunta provinciale ha in gran parte smantellato, fissando assurdi paletti per l’accesso alle misure di welfare provinciale». «Restiamo convinti che il nostro territorio debba essere inclusivo — concludono — quindi mettere le persone che vivono nella nostra comunità nelle condizioni migliori per farne parte, riconoscendo diritti e pretendendo il rispetto dei doveri, ma senza discriminazioni».
Il «nodo» personale dunque resta un problema importante che si abbina a quello degli alloggi per la manodopera da fuori provincia o dall’estero, tanto da spingere, nel settore turistico — rivela Walter Largher, UilTucs — già una ventina di albergatori di Arco e Riva del Garda a prendere in affitto appartamenti a Rovereto da fornire ai propri dipendenti. Nella speranza che arrivi, la manodopera, viste le ottime performance del settore già nel 2022, con un +10% rispetto al periodo pre Covid e con il «2023 che promette ancora meglio».
Scarica il pdf: CORRIERE immigrazione ART 210323
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