Trentino – 20 aprile 2023

Occupazione. Qui le donne lavorano (quasi) tutte

TRENTO. Donne e lavoro, un binomio spesso in crisi. Forse è per questo che la premier, Giorgia Meloni, ha recentemente dichiarato che «La mancanza di manodopera non si risolve con i migranti, ma con la grande riserva inutilizzata di lavoro femminile». Ma qual è la situazione reale del lavoro in Italia? Nel 2022 il tasso di occupazione femminile è stato del 51.1%, contro il 69.2% degli uomini. Nel Nordest la situazione è più favorevole, in quanto lavora il 62% delle donne, contro il solo 34.4% del genere femminile occupato nel Mezzogiorno, quasi la metà (dati Istat). Nel solo Trentino la situazione si presenta particolarmente rosea. Negli ultimi anni sono stati fatti passi in avanti, l’occupazione femminile qui è del 66.9%, contro il 77.6% degli uomini che lavorano, con un incremento di due punti percentuali per le donne rispetto al 2021 (dati Ispat). Non mancano, però, le criticità, anche in questo piccolo “angolo di paradiso”. Le donne, infatti, restano ancora un segmento debole del mercato del lavoro secondo quanto riferito dai Sindacati Cgil, Cisl e Uil del Trentino a inizio marzo. «Ci sono margini per aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ma gli scogli maggiori riguardano oggi la qualità dell’occupazione femminile e le politiche di conciliazione. – hanno fatto notare Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Walter Largher che seguono il mercato del lavoro per Cgil Cisl Uil Un tasso più alto di occupazione femminile avrebbe un impatto positivo su Pil e produttività. Non è pensabile, però, aumentare la partecipazione delle donne se non si rimuovono alcuni ostacoli. A cominciare dal part time volontario e involontario». Per quanto riguarda i contratti part time attivi, infatti, ben l’80% è rappresentato da lavoratrici. Sul totale delle occupate circa il 40% ha un orario ridotto. Per gli uomini, invece, la soglia si riduce al 7%. Il problema maggiore è rappresentato dal part time involontario, ovvero quello imposto anche se il lavoratore (o lavoratrice) vorrebbe fare il tempo pieno: oggi la percentuale di donne che in Provincia ha un impiego part time, perché non ne ha trovato uno a tempo pieno, è del 17,7%. Il gap con gli uomini è di 14,1 punti. Il che vuol dire redditi più bassi, minori possibilità di carriera e pensioni più basse. Il part time, inoltre, incide anche sulle retribuzioni. Oggi quelle femminili, anche a parità di ruolo, sono più basse, perché le donne hanno spesso occupazioni a tempo determinato o parziale e la presenza femminile è più diffusa in segmenti poveri del mercato del lavoro. Il tema dei contratti precari è un altro freno alla qualità dell’occupazione femminile: i contratti a tempo determinato sono circa il 22% del totale. Il 56% di questi riguarda le donne, in costante aumento.
Per quanto riguarda gli stranieri, invece, secondo le statistiche dell’organizzazione internazionale del lavoro (Oil), in Italia il 64,7% di loro, di età superiore ai 15 anni svolge o è alla ricerca di un impiego, contro il 46,6% degli italiani. Nel complesso, costituiscono il 10,5% della forza lavoro del nostro paese, circa il 7% se consideriamo solo gli extra-comunitari. Gli stranieri, però, sono più frequentemente impiegati in ambiti poco qualificati (36,4%). Mentre pochissimi, rispetto agli autoctoni, si trovano in posizioni più elevate da un punto di vista professionale, e quindi anche salariale.
I problemi, quindi, per quanto riguarda il lavoro femminile, non riguardano solo la poca partecipazione (soprattutto nel Sud d’Italia), ma sono soprattutto legati al lavoro in sé. Le politiche per migliorare la qualità del lavoro, quindi, forse dovrebbero andare in un’altra direzione.

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