l’Adige – 30 aprile 2023

Primo Maggio. Ridiamo valore al lavoro dei giovani

Il futuro di una comunità è nelle sue giovani generazioni. Se a qualcuno fosse sfuggito, però, né il Trentino né l’intera Italia dimostrano di essere un posto per i giovani. Le cifre della demografia lasciano pochi dubbi di interpretazione: viaggiamo verso l’inverno demografico. Nascono sempre meno bambini: per la prima volta nel 2022 l’Italia ha fatto registrare meno di 400 mila nuovi nati in un anno.
Dal 2008 ad oggi le nascite sono calate di 184mila unità.
Un andamento che non risparmia nemmeno il nostro territorio: il tasso di fecondità è passato da 1,65 figli per donna nel 2010 a 1,36 nel 2020. Un dato che si è avvicinato sempre di più alla media nazionale e si è ridotto drasticamente anche il rapporto tra bambini nati e totale della popolazione, il cosiddetto tasso di natalità che dal 10,5 per mille del 2010 è crollato al 7,7 per mille del 2021. Sono 190 in meno i bambini nati in provincia nel 2022 rispetto al periodo pre-pandemia, con neanche 3.850 nuovi nati nel corso del 2022 contro i 4.900 di dieci anni fa. Cifre che impongono di affrontare la questione demografica in modo serio, senza ricette semplicistiche e nostalgiche, oltre che pericolosamente demagogiche come quelle lette in queste ultime settimane anche allo scopo di rassicurare quanti temono una massiccia invasione di immigrazione.
È indubbio che una delle più grandi sfide su cui si gioca il destino anche del Trentino è la capacità di trovare risposte al problema demografico. La questione natalità si intreccia in modo inevitabile con la questione lavoro. E piaccia o no, anche con il tema migranti.
Assunto questo come punto di partenza bisognerebbe affrontare la questione con lungimiranza e pragmatismo. Non basta dire alle donne di fare più figli. Bisogna creare le condizioni perché i giovani, donne e uomini, decidano di creare una famiglia. Non basta la promessa di sforbiciate alle tasse o bonus estemporanei. Bisogna restituire ai ragazzi e alle ragazze la fiducia nel loro futuro, nella possibilità di vedere realizzate le loro aspirazioni, di costruire prospettive di vita stabili e soddisfacenti.
Tutto questo manca. Per troppi ragazzi e ragazze il mercato del lavoro è sinonimo di precarietà, instabilità, retribuzioni troppo basse per permettersi una vita autonoma. Non è più tollerabile che ci siano realtà per le quali la competizione si gioca solo sul taglio del costo del lavoro. Una dinamica che subiscono soprattutto i giovani con qualifiche e titoli di studio più bassi, ma che non risparmia nemmeno i laureati. Il 63,5% dei laureati trentini, secondo un’indagine condotta dal professor Barbieri dell’Università di Trento, a cinque anni dalla laurea ha uno stipendio medio al di sotto dei 1.500 euro. In Italia questa percentuale scende 53,2%, all’estero al 17,7%. E’ facile comprendere dunque perché molti decidano di lasciare la nostra provincia per cercare occasioni di realizzazione fuori, senza che il Trentino sappia attrarne altrettanti, né dal resto d’Italia né dall’estero, condannandosi così al declino.
Del resto nella nostra provincia i giovani tra i 20 e i 34 anni hanno un rischio più elevato di avere un contratto precario rispetto all’Alto Adige, al Nordest e all’Austria. Un fenomeno che incide anche sulle retribuzioni e che spiega il più alto rischio di scivolare in condizioni di marginalità pur avendo un’occupazione.
Senza prendere coscienza di quanto dimostrano questi numeri non si possono costruire risposte al problema demografico. Questione che dal nostro punto di vista andrebbe affrontata in più aspetti. A cominciare dalla riduzione della precarietà tra giovani e donne dando un taglio a stage e tirocini e moltiplicando le occasioni di lavoro in apprendistato duale a tutti i livelli per facilitare l’ingresso sul mercato del lavoro non a spese della dignità del lavoro. Il governo provinciale ha poi uno strumento potente in mano: le politiche industriali e gli incentivi economici e fiscali che vanno indirizzati per sostenere le imprese virtuose in termini di innovazione e produttività, ma anche per sostenere la contrattazione salariale, senza concedere sostegno alcuno a quanti adottano accordi pirata a danno dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e delle aziende oneste. Su questo, purtroppo, ogni nostro appello è stato vano.
Allo stesso tempo andrebbero rese più efficaci le politiche di welfare a sostegno delle famiglie con misure strutturali e non assurde lotterie come i recenti bonus nascita. Le famiglie con figli vanno sostenute in modo duraturo nel tempo. E ancora l’enorme tema della casa: fino a quando i costi delle abitazioni si porteranno via, per mutui o affitti, una parte consistente degli stipendi saranno in pochi a fare il salto verso la vita autonoma. Rimarranno giovani lavoratori poveri…
Il Trentino su questi temi potrebbe tornare ad essere un laboratorio di innovazione sociale sfruttando al meglio le prerogative della propria Autonomia speciale. In questi ultimi anni purtroppo l’Autonomia è stata interpretata in una logica più difensiva che proattiva. È ora di cambiare passo, riappropriandosi del coraggio di sperimentare. E su questo terreno che possono trovare spazio modelli nuovi di politiche attive del lavoro, di sinergie tra scuola, università e aziende, di organizzazione del lavoro e di partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori. I giovani devono essere l’orizzonte a cui tendere.
Buona Festa a tutte le lavoratrici e i lavoratori.

Andrea Grosselli
Segretario generale Cgil del Trentino

Michele Bezzi
Segretario generale Cisl del Trentino

Walter Alotti
Segretario generale Uil del Trentino

 

Scarica il pdf: ADIGE Primo Maggio ART 010523