Il T – 25 maggio 2023
La proposta di UILTuCS: «Garante per la parità nelle imprese»
Una garante per la parità di genere in tutte le aziende al di sopra dei 50 dipendenti. La proposta viene da UilTucs ed è tra i punti cardine dell’azione che il sindacato mira a portare avanti per risolvere l’annoso problema del divario di genere sull’occupazione. Un divario che, se in ambito pubblico risulta essere più controllato, appare invece assai evidente per quanto riguarda le realtà private. In Italia, il dato relativo alla forbice tra i due generi è sensibilmente più ampio rispetto a quello europeo. Se guardiamo all’occupabilità femminile, Trento ha numeri migliori rispetto a quelli nazionali, si parla del 61% circa a fronte del 51% a livello statale, tuttavia, detti valori sono ancora troppo bassi rispetto a quelli dei paesi nordici (vi è uno scarto superiore ai dieci punti), ai quali bisogna guardare come modello. Progredire nel campo della parità di genere, oltre ad essere una sfida fondamentale per quanto concerne i diritti civili, rappresenta una grande fonte di benefici economici. «Più cresce la parità e più cresce l’economia», come afferma Samantha Merlo, segretaria nazionale di UilTucs, intervenuta ieri nel convegno organizzato a Trento. Nell’occasione, sono state presentate le proposte del sindacato per valorizzare la parità sul posto di lavoro. Tema di cui hanno poi discusso, in una tavola rotonda moderata da Il T Francesca Marinelli, docente della Statale di Milano, Paola Taufer, presidente della Commissione per le pari opportunità di Trento, Ivana Veronese, segretaria confederale Uil e Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs. «La garante – spiega Merlo – sarebbe un rappresentante sindacale a tutti gli effetti, dotato di particolari deleghe e poteri, oltre che di una formazione specifica sulle questioni di genere, dalla disparità alle violenze e molestie sul lavoro. I poteri dovrebbero consistere nella possibilità di convocare assemblee all’interno delle assemblee, di attivare percorsi formativi e avvalersi anche di comitati scientifici che siano in grado di dare una fotografia precisa della realtà. L’abbiamo proposta per le aziende con più di 50 dipendenti perché è un numero più aderente al tessuto sociale italiano di quanto lo siano quelli delle previsioni europee». Infatti, la direttiva europea e la legge nazionale avevano reso necessaria la comunicazione dei dati relativi alle retribuzioni e ai livelli salariali soltanto per le aziende con più di centocinquanta dipendenti. Sono numeri che, se hanno un senso in ottica continentale, mal si adattano al contesto italiano, in cui vi è una proliferazione di microimprese. Secondo Walter Largher, della sezione trentina del sindacato, «consulenti del lavoro, associazioni esattoriali ed enti bilaterali potrebbero aiutare piccole e medie imprese nel gestire i dati. Serve anche che la politica usi leve economiche nei confronti delle aziende che non si adeguano, come ad esempio il mancato accesso ai contributi. Bisogna guardare la questione non solo dal punto di vista degli stipendi ma anche delle condizioni lavorative, la Provincia può fare molto da questo punto di vista». Quella del garante sarebbe una figura da inserire nei contratti e a cui dare una propria veste giuridica. La proposta partirebbe da Trento per diffondersi su tutto il territorio nazionale entro l’anno. Accanto ad essa e alla creazione di comitati per la parità salariale, Merlo caldeggia anche la revisione dei contratti. «Uno dei più importanti adeguamenti riguarda il congedo parentale che va equiparato alla maternità obbligatoria e deve contribuire alla maturazione di ferie, permessi, tredicesima e quattordicesima».
Scarica il pdf: IL T donne ART 250523
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