Corriere del Trentino, Il T – 15 novembre 2023

«Lavoratori, perse 2 mensilità». Cgil e Uil confermano: sciopero venerdì per il pubblico, il 24 per il privato

Venerdì sciopereranno per otto ore anche i trasporti, al netto del rischio di precettazioni». Lo hanno confermato ieri mattina i sindacati Cgil e Uil nella conferenza stampa di presentazione dello sciopero generale per i salari e i diritti che si svolgerà in due giornate. Venerdì prossimo, 17 novembre, la protesta interesserà lavoratrici e lavoratori del comparto pubblico e quelli di appalti e servizi regolamentati: scuola, università, ricerca, trasporti, poste e servizi postali, vigilanza privata, pulizie e multiservizi, ristorazione collettiva e cooperative sociali, igiene ambientale e consorzi di bonifica. Lo stesso giorno un corteo partirà alle 9.30 da piazza Fiera per arrivare al commissariato del Governo, in corso 3 novembre, dove si svolgerà un presidio.
Il 24 novembre toccherà invece al settore privato. «Tutti questi dipendenti hanno diritto allo sciopero anche se addetti a servizi essenziali — chiariscono Cgil e Uil — come sancito dalla Costituzione». Entro cinque giorni dalla data dello sciopero spetterà al datore di lavoro definire il numero minimo di persone che non possono assentarsi dal lavoro per garantire il servizio essenziale.
«Lo sciopero non è una festa ma un sacrificio che i lavoratori e le lavoratrici fanno di tasca propria», ha commentato Walter Alotti della Uil del Trentino, che ha proseguito: «Uno sciopero di otto ore è una giornata di lavoro che viene decurtata dalla busta paga». Un sacrificio motivato da un’emergenza lavorativa e salariale aggravata, sia a livello nazionale che provinciale, da inflazione, evasione e mancanza di contrattazione.
Ecco perché si sciopera
«I lavoratori e le lavoratrici hanno molte ragioni per scioperare. A cominciare dall’emergenza salariale: dieci milioni di dipendenti in Italia non ha un contratto rinnovato da anni. In Trentino oltre centomila lavoratori e lavoratrici hanno contratti scaduti e retribuzioni ferme e l’inflazione è seconda solo alle metropoli e all’Alto Adige», riferiscono di due sindacati.
«La manovra finanziaria, la legge di bilancio, stanzia delle risorse ma sono molto scarse, non arrivano neanche al 5% di aumento, a fronte di un’inflazione che tra il 2021-2023 anche a livello nazionale ha superato il 15-16%, decurtando di fatto due mensilità ai lavoratori dipendenti», ha osservato Grosselli.
Una situazione che interessa anche il Trentino, dove «è stato firmato a luglio un protocollo d’intesa tra Cgil, Cisl e Uil a livello locale per il rinnovo dei contratti, un protocollo aperto, come ha ribadito anche il presidente Fugatti nella discussione dell’assestamento di bilancio quest’estate», ha ricordato il segretario della Cgil, che sottolinea tuttavia «la necessità di rivedere gli importi per recuperare l’inflazione del 2023 e successivamente quella del 2024». Risorse che dovranno essere stanziate con l’insediamento della nuova Giunta.
«Tutte le sigle sindacali hanno firmato un preaccordo per cominciare a redistribuire una serie di aumenti intorno al 6,3% a partire dal primo gennaio dell’anno prossimo ma al momento le risorse non ci sono, stiamo aspettando che il Consiglio provinciale diventi operativo perché servirà una norma in
Consiglio provinciale», ha detto Grosselli. Questo «per garantire una restituzione del potere d’acquisto ai salari e agli stipendi anche dei lavoratori pubblici», alle prese con una drastica perdita del potere d’acquisto a fronte dell’aumento vertiginoso del costo della vita.
Per quanto riguarda la questione salariale, i sindacati rilanciano la proposta di un salario minimo legale e forme di sostegno alla contrattazione collettiva. Provvedimenti necessari, secondo Grosselli, per contenere un fenomeno sempre più allarmante anche in Trentino, dove «il 60% delle lavoratrici e dei lavoratori è senza un rinnovo contrattuale da almeno tre o quattro anni: commessi, camerieri, cuochi nei ristoranti, educatori, assistenti sociali, impiegati negli studi professionali».
Nel mirino dei due sindacati la riforma fiscale, che giudicano «velleitaria e ingiusta, perché sottrae risorse alla sanità, istruzione e servizi pubblici essenziali» e la tassa sugli extra profitti delle banche, «una scappatoia che il governo ha lasciato alle banche per poter non pagare la tassa attraverso un meccanismo di ricapitalizzazione dei propri bilanci».
Tra le priorità, invece, la lotta all’evasione fiscale «in un Paese come l’Italia che ha 110 miliardi di evasione fiscale. Il tema è far pagare a tutti».

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