Il T – 22 dicembre 2023
Terziario, i salari hanno perso il 6%
I 60mila lavoratori e lavoratrici trentine del terziario, commercio, turismo, ristorazione, agenzie di viaggi, aziende termali interessati dallo sciopero nazionale di oggi per il rinnovo dei contratti nazionali di categoria hanno ricevuto nel 2022 un monte salari complessivo di 935 milioni di euro, corrispondente ad una retribuzione media annua lorda di poco più di 15mila euro. Il dato, tratto dall’Osservatorio lavoratori dipendenti dell’Inps, è però influenzato dal grande numero di addetti stagionali e a termine: in tutto 35mila, mentre meno della metà, 25mila persone, sono occupati a tempo indeterminato. E tra i lavoratori stabili ci sono 4.000 addetti part time, per cui sono 21mila i dipendenti a tempo pieno. Il loro stipendio medio annuo lordo si attesta intorno a 26mila euro, 23mila i commessi, commesse, camerieri, 27mila gli impiegati, cioè 2.000 euro lordi al mese, considerando anche la tredicesima, in pratica 1.400 euro netti in busta paga. La retribuzione 2022 di questi lavoratori, sempre secondo i dati Inps, è aumentata di quasi il 3% rispetto all’anno precedente. Ma il tasso medio di inflazione in Trentino è stato pari, secondo l’Istat, al 9,3%. I 60mila addetti del terziario hanno quindi perso in un anno il 6% del loro potere d’acquisto: è come se avessero avuto 100 euro in meno al mese in busta paga.
Per questo Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno proclamato per oggi otto ore di sciopero nazionale con manifestazioni in diverse città tra cui Milano, dove parteciperanno i trentini: chiedono il rinnovo dei contratti per cinque milioni di addetti e, in particolare, l’adeguamento delle retribuzioni in base all’indice Ipca al netto dei beni energetici importati, l’indice Istat che si usa di solito per gli adeguamenti salariali e che per il 2023 è previsto al 6,6%. In questo modo, almeno una parte della perdita salariale verrebbe recuperata. Su questo le posizioni delle controparti sono differenziate: Federdistribuzione e le associazioni cooperative ritengono poco sostenibili aumenti di queste dimensioni, Confcommercio invece punta ad uno scambio tra aumenti salariali e riduzione o cancellazione di altri istituti come quattordicesima, scatti di anzianità, permessi retribuiti. Confesercenti, dal canto suo, apre agli aumenti Ipca, punta ad avere più flessibilità ma chiede anche al governo di detassare gli aumenti ai lavoratori. Su questo c’è lo stallo.
Sul versante delle aziende, tuttavia, non tutti soffrono per l’inflazione come i lavoratori. Molte piccole e piccolissime imprese non hanno ancora consolidato la ripresa post Covid. Ma i conti dei gruppi della grande distribuzione organizzata sono in attivo e in molti casi il pur risicato utile del settore arriva al 2-3% del fatturato invece dell’1%. Il gruppo Poli, che aderisce a Fiesa Confesercenti, ha ottenuto l’anno scorso un utile consolidato record di 16,4 milioni su un fatturato di gruppo di 617 milioni, il 2,6%. Dao-Conad, che fa riferimento a Confcommercio, ha chiuso il 2022 con un utile di gruppo di 11,1 milioni su ricavi per 351 milioni, il 3,2%. Più contenuto il risultato di Sait-Coop: utile consolidato di 2,1 milioni, pari a meno dell’1% del fatturato di 337 milioni. I tre maggiori gruppi trentini hanno quindi ottenuto un risultato complessivo di quasi 30 milioni, il 2,3% degli 1,3 miliardi di ricavi. Qualche gruppo nazionale del discount, presente anche in Trentino, fa meglio: Lidl Italia ha realizzato l’anno scorso 232 milioni di utile su 6,7 miliardi di fatturato, il 3,5%.
Ai lavoratori e lavoratrici oggi in sciopero arriva la solidarietà dei loro colleghi di altre categorie trentine, come i metalmeccanici della Fiom Cgil e la Funzione pubblica della Cgil. Intanto il presidente nazionale di Conad Mauro Lusetti, nel presentare il preconsuntivo 2023 che chiude a 20,2 miliardi di ricavi, +9,1% sul 2022, ha dichiarato: «Non credo che queste trattative possano trascinarsi a lungo perché c’è un bisogno concreto delle persone. Sono anni che siamo in carenza contrattuale. Ci sono distanze considerevoli dal punto di vista economico, ma avremmo bisogno di ragionare in maniera diversa, parliamo di difficoltà nel trovare figure professionali di un certo tipo e di giovani che abbandonano il posto di lavoro perché c’è una dimensione diversa tra tempo di lavoro e tempo di vita. O iniziamo a ragionare anche nel rinnovo dei contratti in un contesto che prende atto dei cambiamenti sociologici oppure faremo sempre più fatica a ragionare solo sul tema del costo orario».
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