l’Adige – 09 marzo 2024

Gender pay gap. «Favorire conciliazione e stabilità»

TRENTO – «Nella Giornata internazionale della donna i dati sul gap retributivo tra lavoratrici e lavoratori trentini è la conferma di quanto sia ancora lungo il percorso per abbattere le diseguaglianze di genere. Questo non vuol dire che fino ad oggi siamo rimasti fermi». La nostra società ha fatto molti progressi e in Trentino è aumentata la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Ma è ancora troppo poco» spiegano Manuela Faggioni, Michele Bezzi e Elena Aichner di Cgil, Cisl e Uil. «Ci sono ostacoli significativi da abbattere perché le donne entrino e, soprattutto, restino sul mercato del lavoro, perché i carichi di cura non siano dei freni alle loro carriere come è ancora oggi».
I dati Ispat pubblicati ieri fotografano una differenza salariale tra donne e uomini che in provincia tocca il 15,7 per cento.
Una differenza che invece che ridursi tende ad ampliarsi. «È questo trend di crescita che deve interrogarci profondamente – spiegano dalle segreterie dei sindacati – . Oggi le donne sono spesso più istruite degli uomini però i loro percorsi di carriera sono più lenti. Non basta dunque dire che si vuole incentivare la presenza delle donne sul mercato del lavoro, bisogna che poi sia un lavoro di qualità. Attualmente le donne sono occupate in settori più poveri, hanno contratti precari e spesso part time, imposti dalla difficoltà di conciliazione. Il problema è che queste differenze non rispecchiano i profili formativi delle donne. In Trentino come nel resto d’Italia c’è un grave problema di overeducation: le donne laureate sono più degli uomini, ma le loro competenze sono meno riconosciute sul mercato del lavoro che già, nella nostra provincia, non valorizza in generale i laureati e i giovani. Diciamo che nel caso delle donne si intrecciano più fattori, dalla precarietà all’overeducation, alla scarsa conciliazione aumentando la posizione di svantaggio. C’è anche un problema di percorsi formativi scelti: in questo senso c’è un lavoro anche culturale che va fatto nell’orientare le scelte formative delle ragazze fin da piccole».
Per questa ragione i sindacati ritengono si debba agire su più piani, le politiche del lavoro con incentivi per l’assunzione stabile delle donne; sulla contrattazione inclusiva per incentivare un’organizzazione del lavoro flessibile e che faciliti la conciliazione; sulle politiche a sostegno della famiglia con misure che sostengano l’occupazione femminile come gli sgravi fiscali del reddito prodotto dal lavoro femminile.
«La premio Nobel Claudia Goldin ha introdotto il concetto di lavoro avido, cioè un modello occupazionale che premia, con retribuzioni maggiori, chi lavora per più ore o in determinate fasce orarie, come il fine settimana, e prevede che il dipendente sia sempre disponibile. Tutto quello che una donna con carichi familiari non può essere. Per questo bisogna agire su questi carichi, senza impedire che le donne debbano scegliere tra famiglia e carriera».

 

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