l’Adige – 25 aprile 2024

«Sistema fiscale iniquo»

 

«Con un reddito medio di 23.400 euro non siamo ultimi, ma penultimi tra i territori del nord Italia. La narrazione di un Trentino benestante si scontra, dunque, con i dati sulle dichiarazioni dei redditi presentate lo scorso anno che colloca la nostra provincia fanalino di coda insieme alla Liguria per quanto riguarda il nord Italia. Particolarmente significativo resta il divario con l’Alto Adige dove il reddito medio si è attestato a 25.870». I sindacati leggono i dati sui redditi dei trentini e non possono che tornare sul tema dei salari che vanno rivisti, tanto più in una fase in cui l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto di tutti gli stipendi. I segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti, guardando alla distribuzione dei redditi per comune, evidenziano che «i redditi dei contribuenti di valli e località in cui è più forte la vocazione agricola e turistica sono in evidente contraddizione col tenore di vita e ricchezza espressa da quei terrori. È opportuno, a questo punto, rivedere l’attuale sistema fiscale, iniquo, e la politica di sussidi e contributi pubblici e provinciali che continua a privilegiare proprio quelle categorie che dai dati dell’Agenzia delle Entrate assai poco contribuiscono, certo meno di lavoratori dipendenti e pensionati, al “tesoro” dell’Autonomia provinciale».
Cgil Cisl Uil ribadiscono dunque la necessità «di fare crescere il potere d’acquisto delle famiglie di ceto basso e medio, nella consapevolezza che se mettiamo maggiore disponibilità di ricchezza su queste fasce migliorano anche i consumi, va meglio anche l’economia a vantaggio anche della fiscalità generale».
Su questo tema però i sindacati fanno notare un certo ritardo. «Tre mesi fa si è aperto in pompa magna il tavolo sui salari. Da allora sono seguite poche riunioni, mai concrete. Siamo consapevoli che la situazione non si risolve in breve termine. È ora però di cominciare a muoversi su un terreno operativo se non vogliamo che quello dell’emergenza salariale sia poco più di uno spot».

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