Il T – 26 giugno 2024

Il governatore: «Siamo i soli a rinnovare il 2025-2027»

Alotti (Uil): «Cgil contraria? Un’impuntatura»

Un dato è certo. A fronte di un’inflazione del 15,4%, spalmata sul triennio 2022-2024, i dipendenti pubblici trentini recupereranno il 7,3% del potere d’acquisto. La metà. Un 1% in più rispetto all’accordo della scorsa estate. I sindacati non ambivano certo a compensare tutta l’inflazione, ma tendevano sicuramente a qualcosa di più.

«Solo un 1%? Sarà strutturale, e poi per la prima volta nella storia del Trentino rinnoviamo il contratto 2025-2027 dei pubblici dipendenti. Siamo i primi in Italia», così il governatore trentino Maurizio Fugatti replica alle critiche, mosse in modo particolare dalla Cgil, l’unica organizzazione confederale che non ha firmato il protocollo siglato lunedì sera. «Un’impuntatura»
secondo il segretario generale della Uil del Trentino Walter Alotti.

Il contratto riguarda 39mila dipendenti, tra cui 8mila della sanità, 9mila della scuola, 2.200 del personale Ata, 4mila dipendenti della Provincia, 5.400 dipendenti dei Comuni e 4.100 lavoratori delle case di riposo. Partiamo dal contratto 2022-2024, prendendo in considerazione il comparto delle autonomie locali.

La scorsa estate era stato concordato un aumento del 6,3% a regime, circa 134 euro lordi in più al mese (117 milioni di euro a carico della Provincia). Con l’accordo di lunedì si aggiunge un aumento dell’1%, circa 21 euro lordi in più al mese. Dunque, complessivamente, a partire dal 1° gennaio 2024 (in forma di arretrati), i dipendenti pubblici trentini percepiranno circa 155 euro lordi in più al mese, a fronte di 338 euro mensili mangiati dall’inflazione negli ultimi tre anni.

La scorsa estate, dopo la sigla del primo protocollo, Fugatti si era impegnato «a confrontarsi con le parti sociali» per «possibili compensazioni a carico degli anni 2023 e 2024». Per questo la Cgil si è spinta a dichiarare che «il presidente Fugatti ancora una volta non mantiene la parola data e si rimangia la promessa che ora possiamo dire era la classica promessa elettorale». «Io non avevo fatto promesse, avevo detto che si sarebbe valutato il da farsi — replica Fugatti — Se si vuole guardare il bicchiere mezzo vuoto, va bene, ognuno faccia quello che vuole. L’aumento dell’1% vale per sempre e va a colmare quella mia presa di posizione: un 1% significa che nei prossimi cinque anni si recupererà il 5%. Alle casse della Provincia costerà altri 20 milioni all’anno. In più abbiamo aggiunto un 1% una tantum sul triennio 2022-2024, altri 20 milioni».

Il governatore, però, rivendica anzitutto la decisione di stanziare subito nella manovra di assestamento (che sarà approvata a fine luglio) le risorse per il rinnovo del contratto 2025-27: 39 milioni per il 2025 (+2%), 79 milioni per il 2026 (più un altro 2%) e 120 milioni per il 2027 (più un altro 2%). «Stiamo facendo una cosa mai fatta prima — conclude — E lo facciamo perché siamo consapevoli delle problematiche legate alla competitività dei salari trentini rispetto ai salari extra-provinciali».

Come detto sul protocollo di lunedì scorso i sindacati confederali si sono divisi. Cisl e Uil, infatti, hanno firmato l’accordo. «Quella della Cgil ci sembra un’impuntatura, che può avere senso dal punto di vista formale, ma ogni accordo va inquadrato nel contesto particolare della situazione contingente — considera Alotti (Uil) — Se è vero che non è stato recuperato lo spread tra l’inflazione e quanto è stato concesso, c’è da dire che questo è l’unico rinnovo del contratto del settore pubblico in Italia. Un’altra cosa importante è la previsione di aumento della quota previdenziale sulla pensione complementare di Laborfonds». Nel dettaglio, la Provincia si è impegnata a portare al 3% la quota a carico dei datori di lavoro. «Siamo convinti che il percorso fatto abbia portato alla firma di un protocollo che porta a un riconoscimento per i lavoratori, sia nella parte tabellare che nella parte della quota previdenziale — osserva il segretario generale della Cisl Michele Bezzi — Questo aumenta l’attrattività dell’impiego pubblico».

 

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