5 marzo 2017 – Corriere del Trentino

Alotti: tenere distinti Mediocredito e Ccb

La vendita delle quote pubbliche preoccupa il segretario della Uil
«Se il gruppo di Cassa centrale non decolla perdiamo tutte le banche»

Pare che Mediocredito stia per diventare il «ramo corporate» del nascente gruppo di Cassa centrale banca. Ma se ne parla da anni e c’è il rischio che, fra qualche tempo, «il gruppo di Ccb non riesca a mantenere l’autonomia da Iccrea». Con questi dubbi, il segretario della Uil trentina Walter Alotti invita a «ragionare sulla possibilità di tenere distinto Mediocredito da Ccb, in modo da tenere aperta un’opzione alternativa nel caso non dovesse andare a buon fine l’intrapresa di Ccb e Rurali».

Il 52,5% delle azioni è in mano alle Province di Trento e Bolzano e alla Regione. Poi c’è il 35,2% in capo a Rurali e Raiffeisen, in parti uguali, e infine un 7,8% a Sparkasse e un 2,9% a Volksbank. La vendita dovrebbe essere in qualche modo a tappe, perché Ccb ora è impegnata ad arrivare al miliardo di patrimonio, obiettivo minimo per diventare capogruppo, per cui farà partire un aumento di capitale da 600 milioni di euro, che dovrà essere sottoscritto dalle banche aderenti. Il ramo «imprese» d’altronde è indispensabile per diventare un vero gruppo di portata nazionale.

Alotti inizia riprendendo un concetto già espresso in passato: «Temiamo che invece di essere un’opportunità per il territorio, l’operazione rischi di essere “una svendita” , un regalo alla Cooperazione, in questo caso a Ccb». Il segretario Uil capisce i timori del vicepresidente trentino Alessandro Olivi («chi compra deve dare garanzia di sostegno alle imprese trentine») e rilancia: «Siamo sicuri che Mediocredito, una volta nel gruppo Ccb, non sia a rischio, come tutto il gruppo, di essere inglobato tra qualche anno in un gruppo nazionale a guida Iccrea (Roma)? E Province e Regione, visto che abbiamo scoperto che anche le banche possono essere insolventi, non sarebbe meglio che si garantissero il pagamento dilazionato con garanzie fidejussorie di banche internazionali sane, piuttosto che di ipoteche su immobili dal valore incerto»?

Se non andasse in porto il gruppo nazionale di Ccb, «il Trentino avrebbe perso sia la guida del suo credito cooperativo sia quella di Mediocredito. Per cui si ragioni sulla possibilità di tenere distinto Mediocredito da Ccb».
Il segretario si chiede anche il perché di tempi così lunghi: «Se gli enti locali si fossero mossi prima forse Mediocredito si sarebbe potuto venderlo ai risparmiatori trentini, orfani di una banca dai tempi della Popolare del Trentino, e insoddisfatti, in termini finanziari, di essere soci delle Rurali. Tra i risparmiatori trentini poi ve ne erano di sicuro di facoltosi e preparati, in grado di costituire quel gruppo di “trentini coraggiosi” in grado di replicare, in ambito bancario, le eccellenze imprenditoriali del Trentino». «Non si capisce infine come mai la guida coop di Mediocredito abbia spinto ora la Banca a sostener più che altro le imprese di fuori provincia, prima in Veneto e Friuli, ora con Finlombardia. Ed in Trentino? Chi le sosterrà? In conclusione ci pare che l’operazione Mediocredito si collochi ancora nel solco di quel particolare favore della Provincia di cui ha sempre goduto la Cooperazione, che ha portato in molti casi a risultati non certo brillanti anche in altri settori fuori dal credito».

Scarica il pdf: Mediocredito ART 050317