30 maggio 2019 – Trentino, Corriere del Trentino

Accoglienza, protesta dei lavoratori

«Siamo stanchi di essere denigrati»

Assistenti sociali, psicologi, educatori, insegnanti e mediatori culturali. Ieri mattina gli operatori dell’accoglienza sono scesi nuovamente in strada per rivendicare il loro status di lavoratori e richiedere a gran voce il tavolo sulla ricollocazione. Dalla contestazione sotto il palazzo della Regione — a cui hanno preso parte quasi un centinaio di persone —, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno strappato al presidente del Consiglio provinciale Walter Kaswalder un incontro con i capigruppo, previsto mercoledì prossimo. Ma rimane ancora lettera morta la promessa del presidente della Provincia, Maurizio Fugatti sull’avvio di un tavolo tecnico.
I primi provvedimenti della giunta provinciale erano entrati in vigore a inizio anno con lo stop ai corsi di lingua e cultura italiana. Lo smantellamento del sistema dell’accoglienza dei richiedenti asilo era continuato con la chiusura dei servizi per l’inserimento lavorativo e lo sviluppo di comunità, lasciando a casa già alcuni dei circa 140 professionisti che perderanno il posto di lavoro entro il 2020. Per questo motivo, «l’incontro con i capigruppo non è un passo avanti nella vertenza — ha voluto precisare il segretario della Cgil, Franco Ianeselli -. Quello che serve è il tavolo tecnico promesso dal presidente Fugatti con la giunta, l’agenzia del lavoro, le cooperative e le associazioni del settore per discutere di ricollocazione. Come si fa quando chiude una fabbrica».
Risale a metà marzo il vertice tra sindacato e Provincia che aveva dato il via libera al tavolo per la partita esuberi, tutela e ricollocazione delle professionalità del comparto. Da allora è passato troppo tempo secondo i sindacati. «Il tavolo deve partire subito — ha proseguito Ianeselli, sostenuto anche dal segretario della Uil, Walter Alotti e da quello della Cisl, Lorenzo Pomini -. Non possiamo farci scappare lavoratori che hanno così ampia professionalità e che sono utili alla comunità».
In effetti, alcuni degli operatori dell’accoglienza — la maggior parte trentini, tra i 30 e i 40 anni — hanno già preparato la valigia per cercare opportunità all’estero. È il caso di Michele Dales, da marzo rimasto senza lavoro. «Dopo i tagli che ci sono stati la cooperativa non mi ha più potuto rinnovare il contratto — spiega il giovane —. Da circa tre anni facevo parte dell’equipe che si occupava dell’orientamento e della formazione al lavoro dei richiedenti asilo, al Cinformi. Sono tra quelli che hanno perso per primi il posto di lavoro. Adesso, la prossima settimana, andrò in Irlanda per fare un tirocinio in una Ong».
Le ripercussioni occupazionali provocate dai tagli al sistema di accoglienza non rica-
dranno però soltanto sui professionisti della Roar (la rete degli operatori dell’accoglienza). A rischio, infatti, sono anche i lavoratori di quelle aziende che partecipavano indirettamente ai servizi offerti ai richiedenti asilo. Considerando quindi anche l’indotto che era stato generato dai centri di accoglienza, sono circa 200 le persone destinate a perdere il proprio posto di lavoro. «Avendo internalizzato il servizio con la Croce Rossa, per esempio, gli addetti alla preparazione dei pasti sono rimasti a casa, così come quelli che garantivano il servizio di portineria e di guardiania — spiega Ermanno Ferrari, che lavora alla Residenza Fersina —. In questo modo, noi educatori ci troviamo a fare delle mansioni non previste dal contratto». Con la mobilitazione di ieri mattina si richiedeva così anche semplicemente il rispetto della professionalità degli operatori di accoglienza. «Perché siamo stufi e arrabbiati di una retorica che continua a denigrarci — hanno scritto in una lettera i professionisti della Roar —. Vogliamo almeno essere riconosciuti come lavoratori che hanno competenze e capacità specifiche».

Scarica il pdf: accoglienza ART 300519