10 novembre 2017
Autonomia e servizi sociali
Negli ultimi trent’anni l’Autonomia trentina ha posto al centro del proprio modello di sviluppo l’inclusione sociale. Investimenti su servizi pubblici efficienti, qualificati e decentrati, un coinvolgimento del terzo settore nella gestione e progettazione di servizi sotto la regia di Provincia ed enti locali, politiche innovative come il reddito di garanzia ed ora l’assegno unico, ci hanno consentito di ridurre in modo significativo le diseguaglianze in Trentino. Oggi però la sfida si fa più ardua e nessuno può tirarsi indietro.
A questo proposito, il regolamento per l’accreditamento è uno dei tasselli di un sistema che deve puntare a qualificare i servizi verso i cittadini più deboli, in un’ottica evoluta di welfare di attivazione, anche grazie al riconoscimento di una nuova partnership tra istituzioni locali, operatori dei servizi socio-assistenziali e organizzazioni delle lavoratrici e dei lavoratori.
Chi oggi, tra i soggetti della cooperazione sociale, punta il dito contro il nuovo sistema di accreditamento sembra non accorgersi di quanto accade ormai da anni nel settore dell’assistenza sociale: una progressiva privatizzazione dell’accesso ai servizi, in particolare nel campo della disabilità e degli anziani, con la diffusione di cooperative spurie, società di intermediazione e di fenomeni di dumping. Il sistema di accreditamento punta a frenare questi fenomeni e a costruire una cornice di regole che qualifichino e innovino i servizi rivolti ai cittadini, a partire da un investimento forte su chi quotidianamente opera nell’assistenza alle persone e alle famiglie. Non può essere un meccanismo rigido ed ingessato, bensì un processo che punta a innalzare la qualità rendendo progressivamente più elevati i requisiti di chi opera in nome e per conto della pubblica amministrazione.
Va detto però che neppure un sistema di accreditamento perfetto può “magicamente” risolvere ogni problema. Processi di esternalizzazione dei servizi da parte degli enti locali, procedure d’appalto che scaricano su imprese, lavoratori e utenti i costi della contrazione degli stanziamenti pubblici, la riduzione delle tutele contrattuali, l’eccessiva frammentazione nell’offerta dei servizi sono fenomeni che registriamo anche in Trentino.
Per provare ad invertire questa tendenza, non è più sufficiente lamentare le inadempienze degli altri. Bisogna invece rinnovare il patto che ha reso socialmente coeso il nostro Trentino e ridisegnare insieme politiche e servizi. A questo proposito, anche in un quadro di risorse pubbliche non più crescenti, il sistema di welfare locale deve scommettere su un più equilibrato rapporto tra gestione pubblica dei servizi e gestione da parte del privato sociale convenzionato, perché è questo equilibrio un fattore di maggiore qualità dei servizi di assistenza. In questo senso, il processo di accreditamento non si conclude con l’approvazione del regolamento ma prosegue con la definizione delle procedure per il convenzionamento e per l’affidamento dei servizi ai soggetti accreditati. In questa secondo fase va garantito il massimo coinvolgimento a tutte le parti sociali per garantire il pieno rispetto delle tutele contrattuali e di legge ai lavoratori coinvolti.
Per il terzo settore è invece essenziale continuare ad investire sul proprio capitale umano, sulle professionalità di migliaia di operatrici ed operatori sociali. Per questo è tempo che si riapra il tavolo per il rinnovo del contratto provinciale delle cooperative sociali, bloccato ormai da più di otto anni.
Per il sindacato trentino questa è una sfida decisiva. Se è vero che il nostro territorio deve saper crescere economicamente a ritmo più spedito, ciò può avvenire con più facilità proprio grazie alla maggiore coesione sociale garantita fino ad oggi dall’Autonomia. Coesione che dobbiamo saper consolidare anche per il prossimo futuro.
p.la CGIL del Trentino p.la CISL del Trentino p.la UIL del Trentino
Andrea Grosselli Lorenzo Pomini Walter Alotti
Scarica il pdf: COM 101117 editoriale_servizi_sociali
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