Il T – 23 giugno 2024

«Caduto in cantiere da 9 metri, volevano simulare l’investimento»

Geometra, ma anche lattoniere e carpentiere, il 5 ottobre 2006 stava lavorando in un cantiere a Ciré di Pergine. Il ponteggio dove era appena salito collassò. «Il datore di lavoro voleva portarmi in strada per simulare un investimento», racconta. Da quel giorno la vita di Marcello Decarli è cambiata. Oggi, da invalido del lavoro, è funzionario di Feneal Uil Trentino Alto Adige ed è impegnato in prima linea sul fronte della sicurezza del lavoro.

Partiamo da quel drammatico giorno. Com’è andata? «A quei tempi lavoravo sia come geometra sia come lattoniere carpentiere. Quel giorno ero andato in cantiere la mattina presto. Poi, mentre stavo tornando a casa, verso le 14, nonostante avessi fatto le mie 8 ore, l’impresa mi ha chiesto di andare in un altro cantiere a Ciré di Pergine perché voleva chiudere i lavori in fretta. Sono salito sul ponteggio e ahimè il ponteggio è collassato mentre mi stavo arrampicando sul tetto».

Perché è collassato? «Erano passati gli imbianchini e avevano staccato tutti gli ancoraggi. Me ne sono reso conto troppo tardi. Sono caduto dal terzo piano, da un’altezza di 9 metri. Sono caduto in piedi. Ho riportato una frattura vertebrale e mi è esploso lo sterno. Da lì è iniziato il mio calvario. Ci sono voluti due anni affinché io mi rimettessi tra ricoveri, operazioni e riabilitazione. Per fortuna ho preso la ringhiera di un poggiolo nella caduta, altrimenti non sarei qui a raccontare la mia storia».

Quali conseguenze ha riportato? «Ho gravi problematiche neurologiche. Con la fisioterapia mi sono riabituato a camminare perché ho perso la sensibilità alla gamba destra. Da allora prendo quotidianamente una terapia del dolore, abbastanza pesante come cura, ma necessaria, altrimenti i dolori sarebbero troppo forti. Nei primi tempi avevo forti difficoltà deambulatorie, adesso solo ogni tanto ho la necessità di camminare con un bastone. Poi ci sono stati dei risvolti a livello psichiatrico. Mi è stato diagnosticato un disturbo post traumatico da stress e ancora adesso sono in cura. Purtroppo le problematiche psichiatriche non vengono affrontate a livello di Inail».

Da lì è cambiata la sua vita. «Non potevo più lavorare nel campo dell’edilizia. Sono stato assunto da Trentino Digitale, ora sono in aspettativa. Sin da subito ho cominciato a formarmi sulla sicurezza e sulla salute del lavoro, facendo tutte le certificazioni. Nel mio lungo calvario mi sono reso conto di quante persone subiscono infortuni sul lavoro e malattie professionali. Questo logicamente mi ha avvicinato al sindacato».

Perché l’edilizia è uno dei settori più a rischio? «Va detto che nell’edilizia è insito il rischio. È un lavoro che ti espone a una molteplicità di pericoli. Al netto di questo, non è facile riuscire a risolvere la situazione inerente alla sicurezza perché ci sono troppe esigenze economiche in ballo. Le imprese sono costrette a lavorare con appalti al massimo ribasso, di conseguenza hanno margini ridotti e di conseguenza si lavora più velocemente per utilizzare meno risorse oppure si sottraggono risorse alla sicurezza, anche se non si potrebbe. Tutto questo moltiplica le situazioni di pericolo. Com’è accaduto a me, spesso si lavora anche in più cantieri nello stesso tempo, ma ogni cantiere richiede un certo tempo per adeguarsi all’ambiente di lavoro. Un altro fattore è la crescita del numero di lavoratori stranieri, che hanno difficoltà con la lingua e con la formazione. Un altro fattore, infine, è la scarsità di controlli, soprattutto nei cantieri pubblici, e le esigue sanzioni».

Il presidente degli Artigiani trentini Andrea De Zordo ha detto che la sicurezza è uno «stile di vita», è davvero così? «Certamente, perché il pericolo è percezione. E soprattutto chi lavora per tanti anni tende a sottovalutare i pericoli. Per questo c’è la necessità di parlare di sicurezza nelle scuole per cambiare la percezione».

Qual è stata la molla che l’ha portata a impegnarsi in prima linea sul fronte della sicurezza? «Quando sono caduto dal ponteggio non riuscivo neanche a parlare. L’unico che mi ha difeso è stato un muratore, altrimenti il mio datore di lavoro e la ditta responsabile del cantiere, dopo tutto quello che gli avevo dato, mi volevano trascinare fuori dalla strada per simulare un investimento. Fortunatamente è intervenuto il muratore. Da lì mi è nato un senso di ribellione, quasi di vendetta. Se si è deboli si è in balia di chiunque, com’è accaduto al bracciante agricolo a Latina».

 

 

Incidente Bolzano, metalmeccanici domani in sciopero

I due operai rimasti gravemente ustionati nell’esplosione di venerdì notte allo stabilimento Aluminium di Bolzano, due trentenni del Senegal e dell’Albania, sono ancora sedati e intubati e in prognosi riservata a Verona, nella Terapia intensiva dell’ospedale di Borgo Trento.

L’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona ribadisce che «la situazione resta critica e alto il rischio a carico degli organi interni fino al termine della fase acuta che dura 72 ore dall’incidente. Nel frattempo proseguono le medicazioni quotidiane. Una volta superata la fase acuta dovranno partire le fasi successive con plurimi interventi ricostruttivi, che comportano diversi mesi». I pazienti sono seguiti dal team multidisciplinare di Terapia intensiva, diretta dal professor Enrico Polati, e della Chirurgia plastica, diretta dal dottor Maurizio Governa. Gli interventi di urgenza della notte fra giovedì e venerdì erano stati eseguiti dal dottor Antonio Sammarco e dalla dottoressa Eleonora De Antoni. Serie anche le condizioni del 48enne pakistano, uomo di riferimento per l’intera fabbrica, che è ricoverato all’ospedale Niguarda di Milano. Stabili le condizioni del giovane magrebino ricoverato all’ospedale di Bolzano con ferite su diverse parti del corpo.

In tutto sono 6 gli operai della fabbrica bolzanina colpiti dall’esplosione e dal successivo incendio della notte tra giovedì e venerdì. Gli uomini stavano cercando di rimediare ad un’anomalia nel pozzo di colata, tra due forni, quando sono stati travolti dalle fiamme. Tra le ipotesi più probabili al vaglio degli inquirenti: dell’acqua che sarebbe entrata in contatto con del metallo fuso. La magistratura ha posto sotto sequestro lo stabilimento della famiglia veneta di imprenditori Cortese, titolari della Pedavena Center, già Almax Invest, di Bassano del Grappa, che detiene il controllo della Aluminium insieme alla Investis Fiduciaria, e le immagini del sistema di telecamere a circuito chiuso. Le indagini condotte dalla Procura di Bolzano sono in corso.

Domani, lunedì, in solidarietà ai lavoratori coinvolti nel gravissimo infortunio scendono in sciopero i metalmeccanici altoatesini/sudtirolesi, con un presidio davanti alla fabbrica, e i 10mila metalmeccanici trentini. La protesta è promossa da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil: 4 ore di sciopero in tutto il comparto, l’astensione dal lavoro riguarda le ultime quattro ore di ciascun turno di lavoro, ad esclusione delle aziende che operano nei servizi essenziali, con facoltà delle Rappresentanze sindacali aziendali, Rsu, di articolare diversamente lo sciopero nell’ambito della prossima settimana o di estenderne la durata. Per Fiom Fim e Uilm è «inaccettabile rischiare la vita per lavorare».

 

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