Il T – 11 novembre 2022

Cig ancora al +22,6% rispetto al pre-pandemia

Passato il picco di aumenti che ha caratterizzato la fase pandemica, i numeri si sono assestati. Ma il ricorso alla cassa integrazione, in Trentino, resta ancora al di sopra dei valori del 2019 di un buon 22,6%. A dirlo, il rapporto del sindacato Uil che analizza l’andamento delle ore di utilizzo dell’ammortizzatore sociale mese per mese. E il quadro che si delinea a settembre, quando mancano ancora tre mesi alla chiusura del «bilancio» annuale, segna 1.111.300 ore di Cig in Trentino nei primi nove mesi del 2022.
Erano 4.267.955 nello stesso periodo del 2021, anno ancora — pur in misura minore rispetto al 2020 — influenzato dalla crisi Covid. Ma l’andamento decrescente che riguarda l’adozione dello strumento di politica passiva non è ancora sufficiente ad eguagliare i livelli pre pandemia, quando le ore si fermavano a quota 906.230. Dal 2019 al 2022, la variazione è stata del 22,6%.
L’incremento di ore di cassa integrazione autorizzate nell’industria a luglio — secondo i numeri dell’Agenzia del lavoro — è rientrato ad agosto, quando i livelli sono tornati su parametri più consueti. Un «rientro» che potrebbe essere stato distorto dalla mensilità di ferie. I settori chimico e metallurgico sono quelli che nei primi otto mesi dell’anno hanno utilizzato con più frequenza la Cig.
Tornando al prospetto del sindacato Uil, e guardando all’andamento regionale, la cassa integrazione in Trentino-Alto Adige ha raggiunto le 3.709.684 ore. Erano 44.138.670, di questi
tempi, nel 2021. Un notevole snellimento, che porta le due province di Trento e Bolzano fuori dalla lista dei territori italiani in cui, ancora a settembre 2022, si faceva largo uso di ore di cassa integrazione. In testa Roma, Milano e Torino, spiega il report nazionale.
I numeri dell’utilizzo della Cig, pur in diminuzione, si inseriscono in un contesto di crisi delicato per le imprese. E, di riflesso, anche per i lavoratori di alcuni comparti particolarmente colpiti dalla congiuntura attuale. Congiuntura che, secondo i sindacati trentini, lascia intravedere alcune nubi nell’orizzonte della stagione invernale.
A raffigurare segnali di incertezza sono già gli ultimi dati dell’Agenzia del lavoro di Trento relativi alle assunzioni nei primi 8 mesi dell’anno. Dopo averli consultati, Cgil, Cisl e Uil del Trentino hanno lanciato l’allarme precariato. Da gennaio ad agosto 2022, infatti, rispetto allo stesso periodo del 2021, i contratti a termine — tra somministrati, tempo determinato e a chiamata — sono cresciuti del 23,7%. Non solo. Delle assunzioni totali sottoscritte nel perimetro del territorio provinciale, quasi 9 su 10 (lo 87,2%) risultano a scadenza.
Queste peculiarità del mondo del lavoro contribuiscono ad accentuare il quadro delle fragilità che costellano la società. Si aggiungono all’allarme lanciato dal rapporto povertà della Caritas, che inquadra la presenza di 4.000 poveri in Trentino. E trovano un contraltare nelle richieste per un alloggio popolare Itea, circa 3.115, di cui 2.805 inevase. In mezzo, i numeri delle domande per l’assegno unico. Tra gennaio e settembre, come segnala l’ultimo osservatorio dell’Inps, sono stati 55.180 i nuclei familiari che si sono fatti avanti, per una domanda che ha raggiunto il valore di circa 13 milioni di euro. In settembre, le domande sono salite di 560 unità.
Il sostegno economico alle famiglie, attribuito per ogni figlio a carico fino al compimento dei 21 anni e senza limiti di età per i figli disabili, varia in base all’Isee del nucleo familiare (da un massimo di 175 a un minimo di 50 euro). In Trentino, le richieste fanno capo a un totale di 93.608 figli. L’importo medio erogato per figlio è di 143 euro, mentre l’importo medio per richiedente (ossia famiglia) sale a 243 euro. E tra i nuclei beneficiari dell’assegno unico ce ne sono alcuni che sono anche precettori del reddito di cittadinanza. Solo da marzo a settembre, Inps ne ha segnalate 1.339.

 

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