8 febbraio 2017 – Trentino, Corriere del Trentino
Cmi, 8-10 dipendenti potrebbero andare a Milano
Una chance, ma solo per pochi. Ieri in Confindustria a Trento si è tenuto l’incontro tra i sindacati e i vertici della Cmi, l’azienda di Mattarello che fa capo alla multinazionale della moda Calvin Klein. L’azienda era rappresentata da Domenico Giordano e la delegazione sindacale era comosta da Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil.L’incontro era stato convocato per parlare della procedura di Mobilità aperta dalla CMI il 16 Gennaio per tutti i 57 dipendenti. Giordano ha approfondito e ribadito le motivazioni per le quali è stata decisa la chiusura dell’unità produttiva trentina, tra l’altro, da attuare entro la prossima primavera. Le ragioni di tale decisione sono riconducibili alla necessità da parte della multinazionale di rivedere il proprio modello di “business”, in particolare riorganizzando la filiera produttiva/commerciale in maniera diversa esternalizzando molti gran parte dei processi produttivi e costituendo una sorta di “hub” industriale a New York . La multinazionale lascerebbe a Milano una sede secondaria che avrebbe il compito di tenere i collegamenti con le aziende esterne.
Ma, oltre alla futura organizzazione, la riunione serviva poi per verificare la disponibilità della Cmi rispetto per gestire e ridurre il più possibile gli esuberi. L’azienda ha offerto la possibilità di trovare un lavoro a Milano per 10 dei 57 esuberi. Persone che si dovrebbero trasferire nel capoluogo lombardo. Ma l’offerta non è per tutti indiscriminatamente. In particolare, l’offerta di trasferimento a Milano riguarda solo alcune figure professionali, quelle più specializzate. Inoltre, è emerso che un paio di figure che già avevano contatti con la casa madre potrebbero trovare collocazione a New York Ma i sindacati non si sono detti soddisfatti, come spiega Mario Cerutti della Cgil: «L’azienda si è detta pronta a promuovere i contatti tra il personale in esubero e le aziende del settore che potrebbero aver bisogno di queste professionalità. Noi abbiamo proposto anche un coinvolgimento dell’Agenzia del Lavoro per cercare di ampliare il raggio della ricerca, visto che il personale della Cmi ha professionalità medio alte che possono anche trovare collocazione in altri settori. Ma quello che vorremo è che si potesse costruire una vera e propria impresa che, tramite questo processo di outsourcing, possa magari restare tra i fornitori della casa madre. In questo modo si costruirebbe una realtà solida e non si disperderebbero esperienze. E’ prioritario verificare, congiuntamente alla Provincia e alla Cmi, la fattibilità di un progetto di reindustrializzazione capace di occupare il più alto numero di lavoratori».
Scarica il pdf: Cmi ART 080217
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