27 dicembre 2017 – Trentino
Coop, il posto sicuro non esiste più
Tra cooperative di consumo e credito si sono persi più di 300 addetti in un anno. E ora tocca anche alla Federazione
Il 2017 sarà ricordato come l’anno nero per i lavoratori del sistema cooperativo. Prima la crisi del Sait con la vertenza che si è chiusa, dopo lunga e sofferta trattativa, con 80 esuberi che possono scendere a 60 nel giro di due anni grazie all’intero sistema cooperativo, poi gli esuberi nel sistema del credito a causa della fusioni. Proprio le cooperative di consumo e quelle del credito, le casse rurali, stanno facendo i conti con quello che appare come un paradosso: quando la crisi sembra ormai alle spalle, il sistema cooperativo incontra i problemi più grossi. Dopo anni di navigazione di conserva, i nodi sono giunti al pettine. E’ emerso che i prezzi delle cooperative di consumo erano troppo alti per reggere la concorrenza e il sistema troppo costoso, non solo e non tanto per i negozi dei piccoli paesi di montagna, ma perché il sistema era troppo pesante. Così è stata scelta la strada dei tagli. Il Sait ha dichiarato 135 esuberi all’inizio che poi sono scesi a 116 e, infine, a 80. Ulteriori 20 esuberi saranno riassorbiti dal sistema cooperativo nel giro di due anni e dopo corsi di formazione per chi può essere ricollocato. Ma un altro settore che è di fronte a un bivio è quello del credito. Nel giro di pochi anni si vuol passare da più di 40 casse rurali a poco più di 10. Una riduzione che è già in atto da tempo e ha portato a fusioni importanti, come quella tra Cassa Rurale di Trento e Rurale di Aldeno o quella tra Cassa Rurale Alto Garda e Rurale della Val dei Laghi. Ma le fusioni sono state realizzate un po’ ovunque. E questo ha comportato una riduzione progressiva del personale. Una riduzione che è stata affrontata, grazie anche alle regole e fondi diversi, senza grossi traumi, facendo ricorso al prepensionamento. Questo grazie ai fondi di categoria che prevedono la possibilità di finanziare fino a 7 anni di pensione anticipata per ciascun addetto. Un sistema al quale partecipano gli stessi addetti, con un versamento di circa mille euro all’anno. Un ammortizzatore costoso, ma che evita molti traumi. In tutto il mondo della Rurali ci sono già stati 200 prepensionamenti, ma si può veleggiare verso i 250 e anche oltre. In tutto il sistema del credito trentino, una cinquantina di filiali, tra cui una trentina della Rurali, saranno chiuse. All’inizio di questo processo le Rurali avevano 340 filiali, già siamo a 310. E in molte di quelle che rimarranno ci sarà via libera all’automazione con i cassieri che passeranno a fare i consulenti. La Rurale di Trento sta già pensando al cosiddetto «Banchino» che sarà introdotto presto in alcune filiali con l’installazione di macchine per fare tutte le operazioni. Prepensionamenti. Una vera rivoluzione per un categoria che in passato era sempre stata invidiata per la stabilità del posto di lavoro. Ma questa cifra potrebbe anche essere arrotondata per difetto, dal momento che è ancora in corso il processo di fusioni che interessa le Casse Rurali che in meno di due anni passano da 41 a 23 e potrebbero ancora scendere di numero. Con le fusioni arrivano anche le razionalizzazioni, sia in termini di dipendenti che in termini di numero di sportelli.
«Ora la cooperazione deve cambiare marcia»
«Ormai appare chiaro che la Cooperazione si è trasformata da risorsa in problema perché ci si è seduti su modelli pubblicistici senza concorrenza che non hanno più senso». L’analisi del segretario generale della Uil Walter Alotti ,dopo le parole del presidente della Federazione della Cooperazione Fezzi che al Trentino ha annunciato 30 esuberi, appare impietosa, ma non lontana dalla realtà. Del resto anche gli altri segretari confederali, Franco Ianeselli della Cgil e Lorenzo Pomini della Cisl, non ci vanno teneri e spiegano che la Cooperazione deve cambiare marcia.
I tagli della Federazione.
Alotti: La cosa interessante è anche loro devono mettere mano a un fondo esuberi, anche con la partecipazione dei lavoratori, come è accaduto anche per le banche. Gran parte delle figure che ci sono oggi in Federazione andranno in Cassa Centrale. Va ad onore di Fezzi che è intervenuto nella vicenda Sait come promesso.
Ianeselli: Fezzi è stato onesto e ha detto le cose come stanno. Prima c’era l’idea che c’erano alcuni ambiti di assoluta sicurezza e lui ha detto che così non è. Certo con i bilanci bisogna fare i conti. Se ci sono perdite possono diventare insostenibili. Il punto è il grado di responsabilità sociale con cui si fanno le cose. Per la Federazione, Fezzi dà una risposta solidaristica ipotizzando contratti di solidarietà e cerca di evitare i licenziamenti. Il punto è ammettere che anche in Trentino, anche in settori come la Cooperazione i problemi possono esserci. Bisogna gestire questi problemi in maniera responsabile. Secondo me una via d’uscita è quello di far partecipare i lavoratori alla gestione delle imprese sul modello di quello che avviene in Germania. Così si può coniugare la competitività con l’attenzione alle persone.
Pomini: Apprezzo il coraggio e la franchezza di Fezzi. La sua presidenza anche se breve, ha segnato un cambio rispetto al passo felpato di prima. Vorrei fare una provocazione: secondo me sarebbe meglio che Fezzi restasse ancora un po’. I problemi che lui indica sono antichi, assunzioni non calibrate e altre cose e lui ha il coraggio di indicarli. Per quanto riguarda i 30 posti in più alla Federazione, io preferirei che si ragionasse su contratti di solidarietà.
Posto sicuro addio.
Alotti: Anche nel settore provinciale il posto non è più garantito come una volta. Io vengo dalle Poste, una volta era considerato meglio dello Stato e anche lì ci sono esuberi ora. E temo sia un processo irreversibile. E sarà ancora peggio con l’avvento della digitalizzazione. Per questo bisogna studiare dei metodi e degli ammortizzatori sociali che permettano ai lavoratori di riconvertirsi, di aumentare le proprie competenze. Ci vuole anche un orientamento diverso nelle scuole superiori, a partire dal terzo anno e non negli ultimi giorni.
Ianeselli: Tutti gli indicatori sono positivi, ma allo stesso tempo le statistiche ci dicono che il Trentino è riuscito a resistere, ma spostandosi su una fascia più bassa in tema di qualità del lavoro, con lavori meno pagati. Le fasce più alte delle professioni più competitive di maggiore creatività si stanno riducendo e il rischio è che si arrivi a una società di ceto medio, meno competitiva e con meno tendenza alla crescita. Bisogna concentrarsi sulla qualità, sennò il Trentino rischia di fare la fine della Cooperazione che 10 anni fa diceva che tutto andava benissimo senza guardare ai segnali d’allarme.
Pomini: Queste vicende mettono in luce la crisi del mondo cooperativo che è troppo autoreferenziale. L’ha dimostrato il quarto mandato di Schelfi, il breve interregno di Fracalossi. Ci vorrebbe un ricambio con uomini e donne liberi, non vicini alla politica. Siamo al paradosso che quando si vedono segnali di ripresa dell’economia scoppiano i problemi della Cooperazione. Vuol dire che il management non funziona e che l’organizzazione non funziona.
Scarica il pdf: coop-ART271217
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