Covid. Anche agli asintomatici in isolamento deve essere garantito il trattamento di malattia. Cgil Cisl Uil contestano l’interpretazione secondo cui chi è confinato a casa per un tampone positivo possa restare senza retribuzione
Anche in Trentino sono diverse le segnalazioni di lavoratrici e lavoratori affetti da Covid-19 che denunciano il mancato riconoscimento da parte dell’Inps dell’indennità di malattia in quanto asintomatici. Nelle settimane scorse le organizzazioni sindacali avevano sollevato la questione all’interno del Comitato Provinciale Inps sollecitando una risposta chiara da parte dell’Istituto a livello statale. Ora la questione ha assunto una dimensione nazionale in quanto le confederazioni Cgil Cisl Uil sono intervenute direttamente all’Istituto di via Ciro il Grande.
“Si tratta di un’interpretazione indebitamente restrittiva – spiegano Manuela Faggioni, Michele Bezzi e Walter Alotti per Cgil Cisl Uil del Trentino -. Infatti l’attuale normativa, ancora oggi, impone l’isolamento ai soggetti contagiati. Il mancato riconoscimento dell’indennità di malattia è perciò un grave danno per le lavoratrici e i lavoratori affetti da Covid-19”.
Infatti per coloro che sono positivi al Covid-19, grava comunque ex lege l’obbligo di non allontanarsi dalla propria abitazione o dimora e di assentarsi dal luogo di lavoro; in relazione a tale circostanza, con l’art. 26, d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, veniva disposto che fino al 31 dicembre 2021 il periodo trascorso dai lavoratori dipendenti del settore privato in quarantena, con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto. A partire dal 1° gennaio 2022, però, l’assenza dal lavoro per quarantena, anche dei lavoratori risultati positivi al Covid-19 ma asintomatici, pur continuando ad essere imposta dalla legge per motivi cautelari, di tutela della salute collettiva e di protezione dei terzi, non è più indennizzata dall’INPS, essendo venuta meno, secondo l’interpretazione fatta valere dall’Istituto, l’espressa equiparazione con la malattia ordinaria.
“Contestiamo la tesi restrittiva dell’INPS – incalzano i sindacalisti – perché basata su una stretta adesione alla previsione letterale della norma, senza considerare, inoltre, la giurisprudenza che in questi anni si è consolidata su questo tema. La posizione dell’INPS è fondata sulla nozione di malattia indebitamente restrittiva, che da tempo è stata superata dalla giurisprudenza di legittimità”. Infatti, la Corte Cassazione, con varie pronunce risalenti agli anni ’80, ben compendiate dalla sentenza n. 7767 del 1987, ha ridisegnato il confine della malattia indennizzabile in riferimento alla effettiva incidenza della situazione prevista dalla legge sulle mansioni normalmente svolte dal lavoratore.
“La malattia Covid-19 – concludono Faggioni, Bezzi e Alotti – sia essa con sintomi o senza sintomi, deve essere trattata come qualsiasi altra malattia. Non possiamo assolutamente permettere che ai lavoratori e alle lavoratrici, sottoposti al regime di isolamento, venga decurtato il loro stipendio”.
A questo proposito le confederazioni a livello nazionale si sono già mosse per contestare formalmente la posizione dell’Istituto aprendo un’l’interlocuzione diretta con il Ministero del Lavoro, per superare tale criticità, che sta determinando e determinerà delle ripercussioni non solo dal punto di vista economico per le lavoratrici e i lavoratori, ma, anche, legate alle misure di tutela strettamente correlate alla pandemia, tutt’altro che superata.
Trento, 5 agosto 2022
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