19 marzo 2021 – Corriere del Trentino

Decreto Sostegni,120-150 milioni al Trentino. Dubbi sugli impianti Stagione invernale, rimborsi del 20-60% del fatturato

Nell’anno della pandemia le richieste di aiuto e di pacchi viveri — lo hanno raccontato ieri sul Corriere del Trentino o le voci del volontariato trentino — sono triplicate. Il disagio sociale cresce ovunque, soprattutto nelle zone vocate al turismo montano, rimaste maggiormente penalizzate dalle restrizioni. Proprio per le attività economiche dell’arco alpino e dei territori montani dell’Abruzzo, ha fatto sapere ieri il presidente Fugatti al termine dell’incontro con il ministro dell’Economia, Daniele Franco, il decreto Sostegni (che dovrebbe essere varato oggi) prevede uno stanziamento di 600 milioni di euro: secondo i calcoli della Provincia al Trentino spetterebbero tra i 120 e i 150 milioni di euro. Saranno «ristorate» tutte le imprese: dal pizzaiolo all’albergo presente nella località turistica. Non è ancora chiaro se le risorse saranno destinate anche alle attività funiviarie, in tal caso il rischio è che potrebbero assorbire buona parte del plafond. Per quanto riguarda i requisiti — questo varrà per tutti i 32 miliardi di ristori — si supererà il sistema dei codici Ateco e si prenderà in considerazione la differenza tra il fatturato medio mensile del 2020 e quello del 2019 (non più solo quello del mese di aprile). E i contributi andranno dal 20 al 60% delle perdite per le imprese fino a 10 milioni di fatturato (non più 5 milioni).

Intanto decine di migliaia di stagionali sono rimasti senza lavoro. La disoccupazione in Trentino salita di un intero punto percentuale in soli tre mesi, da 4,4% al 5,4% nell’ultimo quarto del 2020. Famiglie costrette a intaccare i risparmi per non cadere nella povertà. Anche secondo i sindacati trentini il Covid ha causato una pesante crisi economica accanto a quella sanitaria. «Sappiamo dalle associazioni di volontariato che le richieste d’aiuto sono in aumento anche nelle aree a vocazione turistica, normalmente benestanti» afferma Andrea Grosselli, segretario Cgil. «A nostro parere la priorità è evitare alle famiglie in difficoltà di cadere nella povertà vera e propria. Quindi andrebbe alzata la soglia per accedere ai sussidi economici come l’assegno unico, in modo da poter aiutare anche quelle famiglie non ancora povere ma che stanno intaccando i risparmi per tirare avanti. Un’attenzione particolare va data agli ammortizzatori sociali per chi è stato più colpito dalla pandemia, come gli stagionali». Grosselli punta il dito anche contro le discriminazioni agli stranieri: «La norma prevede dieci anni di residenza in Italia per accedere agli aiuti. Quindi si trovano escluse famiglie che sono in Trentino da sei, sette o perfino nove anni, gente integrata e lavoratrice che contribuisce come tutti alla società. Si tratta di decine di migliaia di persone escluse da ogni beneficio».

«Il dramma vero è la condizione degli stagionali, almeno 20mila lavoratrici e lavoratori» sostiene Walter Alotti, segretario Uil. «Già dalla scorsa primavera nella zona del Garda si sono persi mesi di lavoro, poi il blocco della stagione invernale per le aree sciistiche e adesso si rimane fermi di nuovo fino a Pasqua». E il problema non è solo l’assenza di lavoro, spiega Alotti: «Gli ammortizzatori da disoccupazione guardano a quanto tempo si è lavorato in precedenza, ma è un meccanismo che penalizza molto gli stagionali, fermi in certi casi da un anno intero. Ci vogliono più aiuti specifici dalla provincia per questa fascia di lavoratori, anche muovendosi in autonomia rispetto agli interventi nazionali». Il segretario Uil solleva inoltre un altro problema, quello degli affitti: «Sta aumentando la morosità delle famiglie e non basta il blocco degli sfratti esecutivi. Dall’inizio della pandemia chiediamo si alzi la soglia di reddito, ora ferma a 15mila euro, per accedere all’integrazione canone. Sarebbe una boccata d’aria per chi ha visto il proprio reddito calare a causa della cassa integrazione, pur senza azzerarsi del tutto».

Per Michele Bezzi, segretario Cisl, l’importante è intervenire su quella fascia grigia poco sopra alla soglia di povertà, costantemente a rischio di scivolare sotto. «Prevenire è meglio che curare ed è anche meno costoso come intervento» dichiara Bezzi. «Inoltre se le persone non devono consumare tutti i loro soldi per sopravvivere li possono spendere in giro, fanno ripartire l’economia. Se poi si evita alle persone di diventare del tutto povere le si aiuta anche psicologicamente e avranno meno difficoltà a ripartire». La chiave per il segretario Cisl è sfruttare la maggiore libertà di manovra trentina: «Il valore aggiunto della nostra autonomia dovrebbe essere la salvaguardia della tenuta sociale. Inutile distribuire aiuti a pioggia, cerchiamo di essere selettivi» .

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