Trentino – 16 novembre 2022

Dipendenti pubblici: fuga dai piccoli comuni «Meglio in Provincia»

TRENTO. Fuga dagli uffici comunali. Quando il Comune è troppo piccolo, aumentano il lavoro e le responsabilità. Va bene il posto fisso, ma non esageriamo. E così c’è chi cerca altri lidi. Se non viene concessa la mobilità (per il trasferimento da Comune a Comune bisogna essere d’accordo in tre: il dipendente, l’ente di partenza e quello di arrivo) c’è chi tenta la strada dei concorsi pubblici in altre realtà pubbliche, Provincia autonoma in primis.
La carenza di organico -possibilmente formato e all’altezza -è solo il problema più evidente all’interno delle autonomie locali. Il problema è di sistema. A darne conferma sono le rappresentanze sindacali che denunciano la presenza di falle nella barca e lo fanno da ormai una decina d’anni. Ora, vista la necessità del Trentino di allinearsi ai dettami nazionali in materia di risparmio, la cosa diventa ancora più evidente.
Qui però -pur trattandosi di un territorio di 542 mila anime quindi in teoria più facile da gestire, vista anche l’autonomia speciale -c’è anche la questione delle Comunità di Valle, enti intermedi, nati nel 2006. È ancora vivo il ricordo dei leghisti in piazza contro la riforma dei Comprensori, trasformati appunto in Comunità dalla maggioranza di centro sinistra. Questi enti -descritti dagli uomini del Carroccio come dei carrozzoni inutili, buoni solo come potenziale serbatoio di voti del padrino della riforma (Lorenzo Dellai, allora potentissimo presidente della Provincia) -non sono stati spazzati via. Sono stati depotenziati, ma lì rimangono e oggi c’è chi dice che, visto che ci sono, forse potrebbero servire per risolvere i problemi di gestione amministrativa dei Comuni (quelli sotto i 1000 abitanti) boccheggianti. Le «Comunità di Balle» come le chiamava il consigliere provinciale leghista Alessandro Savoi, restano.
Uno dei problemi del sistema enti locali, nello specifico dei Comuni, è l’assenza di segretari comunali. Le municipalità trentine sono 166 ma all’appello ne mancano una sessantina. E nel frattempo si naviga a vista, con segretari chiamati a coprire più Comuni, come accade per i preti che nella diocesi devono occuparsi di più parrocchie, dove celebrare messe, funerali e battesimi . La carenza di segretari comunali però non è dovuta ad una crisi vocazionale, bensì alla lentezza burocratica. L’ultimo corso per la formazione delle nuove leve è terminato. Ci sono gli esami finali e, a breve, dovrebbero esserci “sul mercato” un’ottantina di nuovi segretari comunali.
Poi però ci sono tutti gli altri lavoratori pubblici e qui il nodo riguarda la qualità della vita e l’entità dello stipendio.
Negli ultimi tre anni si è registrato un aumento del carico di lavoro. Ci sono quindi tecnici e amministrativi che, a fronte di un salario che difficilmente tocca quota 2000 euro, a quel punto preferiscono andare nel settore privato o tentare la carta del concorso in Provincia, dove il carico di lavoro e le responsabilità sono minori.
Maurizio Speziali della Cisl Fp enti locali spiega che «ci sono molti lavoratori che, magari dopo 20 anni di lavoro, cercano una posizione con impegni meno pesanti. «Il pubblico di oggi -aggiunge -non è come quello che tanti immaginano. Può essere molto pesante, soprattutto nelle piccole realtà».
Marcella Tomasi, segretaria provinciale Uil fpl enti locali commenta così l’operato della giunta provinciale: «Per quanto quello in carica sia un esecutivo che ha ha girato parecchio sul territorio, passando Comune per Comune, si ha l’impressione che non abbia colto quali sono le reali esigenze dei dipendenti e i bisogni organizzativi degli enti che gestiscono i territori. Per quanto riguarda le Comunità di Valle ci aspettavamo una grande riforma e invece è stato partorito un topolino».
In questi anni c’è stato il blocco delle assunzioni, uno stop & go che non ha fatto bene. Aggiungiamoci l’aumento del costo della vita e due anni di pandemia. «Ma non diamo la colpa al Covid -sbotta Loris Muraro (Fenalt) -Ora paghiamo le assenze , gli errori, le mancanze di almeno 15 anni di governo provinciale. Per almeno una dozzina d’anni abbiamo visto le mancate sostituzioni di chi andava in pensione». Poi torna sui segretari comunali, «molti dei quali costretti ad operare a scavalco tra un Comune e l’altro». E ancora sulla emergenza di sistema: «Se lavori per dieci anni come geometra e non vedi riconosciuto il tuo lavoro da nessun punto di vista non ci si può stupire se poi uno se ne va. Si devono rimpinguare le piante organiche, si deve dare impiego alle nuove generazioni (rendendo appetibile il lavoro nel pubblico) o altrimenti nel giro di poco andremo in default». Ne fa una questione anagrafica Muraro: «La media di età si aggira pericolosamente attorno ai 50 anni».Mette poi in guardia dalla deriva delle Comunità di Valle. «L’ente intermedio può essere una risorsa, anche in termini di “regia” nella gestione amministrativa dei piccoli Comuni. Però bisogna investire. Pensiamo al sociale. Anziché mettere gli Oss (Operatori socio sanitari) nella condizione di lavorare bene sul territorio, cosa fa l’ente? In tanti casi esternalizza a cooperative, che pagano di meno. Che poi si scrive “esternalizzazione” e si legge “inizio di privatizzazione”».
Il sindaco di Pergine Roberto Oss Emer conferma che i problemi veri riguardano i Comuni piccoli. «A Pergine siamo messi bene, ma pensate cosa vuol dire per piccole realtà coprire tutti i servizi e rispondere alle esigenze del territorio. Per forza di cose ci si trova a con segretari comunali a scavalco. In questo senso le Comunità di Valle, che non sono state oggetto di una vera riforma, possono rivelarsi fondamentali. Le Comunità di Valle offrono una serie di servizi importantissimi. C’è il sociale, c’è l’edilizia pubblica e l’urbanistica. Non sono d’accordo con chi dice che si stanno svuotando. Anche per quanto riguarda l’assistenza sociale si sta facendo un lavoro egregio».
È un universo, quello degli enti locali. Fra Comuni, Provincia e Apsp parliamo di circa 18 mila persone impiegate. La macchina organizzativa però deve essere resa efficiente. Tolti Trento, Rovereto e i Comuni più strutturati restano tutti gli altri. c’è chi dice che i Comuni frenano qualsiasi tentativo di riorganizzazione, perché la perdita della “sede municipale” è vista come perdita di identità. Negli anni la Provincia ha “scaricato” il problema al Consorzio dei Comuni mentre le Comunità, che potrebbero essere un mezzo per distribuire servizi, sono rimaste immobili. Ora però le risposte non possono essere rimandate.

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