CORRIERE DEL TRENTINO – Sabato 3 Agosto 2024 PAG 2
«Dobbiamo formare persone, non lavoratori»
Degasperi (Onda) attacca l’iniziativa. Di Fiore (Uil): «Ci hanno tenuti all’oscuro di tutto»
Trento «È il liceo del “fatto in Italia”, gli diamo un nome inglese e ne facciamo la versione trentina — ironizza Filippo Degasperi di Onda — È una tripla contraddizione». Tripla, come sono tre le critiche che da più parti arrivano all’assessora Francesca Gerosa: la «professionalizzazione» soggiacente all’iniziativa, la parcellizzazione dei corsi di studio che ne segue, e il mancato coinvolgimento delle componenti della scuola.
«Hanno varato la corazzata Potemkin a livello nazionale e noi abbiamo varato un pedalò — continua Degasperi — fatto così diventa “provinciale”, che se in Trentino può sembrare un complimento, a livello nazionale non lo è. Dovevamo forse dargli un nome in dialetto». Perché l’idea di legare troppo la scuola alle attività lavorative è «la cosa più vecchia che c’è. La rivoluzione è stata dire che quando uno studia pensa alla scuola e basta e il resto viene dopo. La scuola deve formare una persona, non il lavoratore. Guarda caso i figli di una certa classe sociale sono iscritti al classico». Insomma, l’assunto di Degasperi è semplice: le richieste delle aziende cambiano continuamente, bisogna dare agli studenti la possibilità di “sopravvivere”, e non competenze rigide. «I dati bankitalia mostrano che il “disallineamento” di competenze è cresciuto dal 2019 al 2023 dal 16% al 38%. Qualcosa non funziona nell’approccio che vede la scuola come apprendistato».
Differente, ma non così distante, l’opinione del professor Giovanni Ceschi: «Il punto del liceo è quello di dare una formazione il quanto più possibile indipendente dall’immediata spendibilità. Qui si rischia di trovarsi qualcosa di ibrido tra liceo e azienda». Cosa che ha un riflesso anche con la seconda questione, quella della parcellizzazione dei corsi di studio. «Di norma ci sono le materie “caratterizzanti” di un indirizzo — riflette Ceschi — Qui sembra che la situazione sia capovolta. È centrale una rete tra le discipline» o una rete di legami con le aziende. E, aggiunge di nuovo Degasperi ricordando il flop nazionale: «il proliferare di indirizzi disorienta gli studenti».
L’ultima questione sul tavolo è lo scarso coinvolgimento delle componenti della scuola. «Hanno individuato a tavolino alcuni istituti — riflette Pietro Di Fiore di Uil Scuola Rua — Alcuni insegnati avevano fatto parte del tavolo. Ma la stragrande maggioranza del mondo della scuola è all’oscuro dell’effettiva proposta concreta del Made in italy». Anche se, commenta: «non era difficile capire che fosse improntato su agricoltura, hotel e turismo». Cioè su cose care alla giunta provinciale.
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