23 giugno 2018 – Corriere del Trentino

 Domeniche chiuse, sì con distinguo

Commercianti e vertici della grande distribuzione si interrogano sull’annunciato stop del governo M5s-Lega alle aperture domenicali, proposta avallata anche dal vicepresidente provinciale Alessandro Olivi (Corriere del Trentino di ieri).
«Sono pienamente d’accordo con questa proposta — afferma Mario Ramonda, titolare della catena di abbigliamento Sorelle Ramonda — perché con la deregulation abbiamo solo aumentato i costi (utenze, personale) per avere alla fine gli stessi fatturati, rimettendoci nella qualità dei prodotti e nella professionalità dei venditori: stiamo perdendo la cultura del vestire e della qualità per competere col low cost. Non mi risulta poi che la liberalizzazione delle aperture domenicali e festive abbia aumentato la forza lavoro o portato benefici in generale; certo, per noi la domenica è il secondo giorno della settimana più redditizio dopo il sabato ma se fossimo chiusi non cambierebbe niente, distribuiremmo il ricavato su sei giorni invece che su sette, guadagneremmo di più il sabato».
Per Ramonda la chiusura domenicale «non avrebbe ricadute sull’occupazione. Abbiamo circa 120 dipendenti in Trentino-Alto Adige, considerando anche quelli a chiamata, e cerchiamo di garantire loro turni che vengano incontro alle esigenze personali; in media un dipendente lavora due domeniche sì e una no». Leofranco Melchiori, direttore del negozio di calzature PittaRosso, con sede nel centro commerciale Top center di Trento, mostra invece più scetticismo: «Se in Trentino chiudessimo la domenica la gente andrebbe da un’altra parte, magari in Veneto; nel mondo commerciale ormai la settimana va dal lunedì alla domenica». Nell’ambito dei supermercati c’è comunque chi fa notare che l’apertura domenicale rappresenta un servizio importante per chi, durante la settimana, lavora e non ha il tempo per fare la spesa. Oltre ad essere un momento di svago anche per chi vive solo e ha bisogno semplicemente di fare due chiacchiere con qualcuno. Dal punto di vista occupazionale, inoltre, la chiusura dei negozi nei giorni festivi potrebbe avere ricadute negative: non tanto sulla vita dei lavoratori, che diventerebbe ovviamente più «regolare», ma soprattutto sul totale di ore necessarie per coprire tutti i turni.
Considerazioni diverse, invece, da parte di Luca Picciarelli, direttore generale di Sait, che mantiene invece una posizione più scettica, evidenziando i consistenti fatturati che si registrano la domenica, «il secondo giorno della settimana quanto a incassi, almeno per i punti vendita di medio – grandi dimensioni». «Ad oggi chiudere vorrebbe dire negare un servizio al cliente, e la domanda evidentemente c’è: le persone possono scegliere liberamente quando venire a fare la spesa, e se i risultati delle domeniche sono questi significa che c’è un’esigenza e il mercato va in quella direzione. Rispetto le posizioni politiche espresse, ma noi dobbiamo guardare, compiendo anche dei sacrifici, non lo nego, ai bisogni espressi dai clienti e alla necessità di fronteggiare la concorrenza».
Marco Morelli, direttore del centro commerciale Shop Center Valsugana, non vede come un problema la chiusura domenicale dei negozi, «a patto però che vi sia una legge in merito chiara e valida per tutti, senza che si inneschino dinamiche concorrenziali inique tra i punti vendita. Attualmente la domenica, assieme al sabato, porta maggiori introiti rispetto agli altri giorni della settimana ma se tutti fossero chiusi essi si ridistribuirebbero. Bisogna però fare attenzione nel dire che la chiusura domenicale favorirebbe i lavoratori perché se diminuissero le ore diminuirebbero anche i posti di lavoro, è matematica». Le cifre, d’altro canto, parlano da sole: «Considerando fine settimana ordinari, la domenica ci attestiamo su 12-13mila ingressi, mentre negli altri giorni viaggiamo sui 7mila circa. Ovvio che siano giornate traino», aggiunge Morelli, che mette però in guardia sull’ipotesi che a regioni e province autonome venga lasciato ampio margine di scelta: «Questo per noi potrebbe rappresentare un problema: se, ad esempio, in Trentino si stabilissero poche domeniche di deroga alla chiusura, mentre in Veneto ve ne fossero di più, rischieremmo di avere una doppia perdita, perchè poi qualcuno andrebbe a fare la spesa lì e non da noi. Sarebbe molto grave, a mio parere, dunque l’unica soluzione è una legge nazionale.
L’idea che la regolamentazione delle aperture domenicali torni nelle mani della Provincia sembra far gola a molti. E se l’assessore Alessandro Olivi tende la mano a Di Maio, il consigliere provinciale pentastellato Filippo Degasperi rilancia con un tavolo unitario per nuove regole da scrivere con chi ci sta, «dalla Lega, al centrosinistra e anche a una parte di centrodestra che immagino sia d’accordo su questa battaglia».
Degasperi vedrebbe quindi di buon occhio un accordo trasversale, «con chiusure modulabili a seconda delle esigenze dei diversi territori, e su questo siamo sempre stati molto in sintonia con l’assessore. Con tanti colleghi di schieramenti diversi ho trovato negli anni buona convergenza sul tema».
Degasperi ricorda anche di aver depositato un ddl in consiglio che prevedesse una serie di festività e domeniche a chiusura obbligatoria, «ma poi una proposta simile venne stoppata anche in Friuli dalla Corte costituzionale a causa del ddl Monti sulle liberalizzazioni, ne abbiamo dovuto prendere atto ma ora le parole di Di Maio mi fanno ben sperare». Il consigliere grillino parla di «stortura assoluta, con l’Italia unica in Europa a tenere aperti i negozi anche la domenica. La spesa — chiosa Degasperi — si fa ugualmente, e non ho notizie di carestie».
Anche dal Veneto giungono forti segnali di apertura sul tema, con l’assessore regionale allo sviluppo economico Roberto Marcato, che chiede a Di Maio un incontro ad hoc: «È una battaglia che ho intrapreso da tempo insieme alle organizzazioni di categoria del settore, le organizzazioni sindacali, i comitati e i movimenti Ho chiesto quindi un incontro al ministro per condividere questa battaglia di civiltà per il ripristino delle chiusure festive e domenicali, ma anche per allargare il confronto a temi di particolare rilievo per il Veneto e rappresentare le esigenze dei tanti imprenditori che hanno saputo in questi anni di crisi profonda reagire con orgoglio e determinazione».
Sul fronte sindacale anche la Uitucs regionale, per bocca del suo segretario Walter Largher, plaude alle parole di Di Maio, pur sottolineando che proprio ieri, in occasione del congresso nazionale della Uil, «il ministro non ha fatto alcuna menzione delle problematiche del terziario ed in particolare del commercio». Tuttavia, evidenzia Largher, «crediamo che l’indirizzo intrapreso da Di Maio sia quello giusto, dopo anni di “assenteismo politico” nazionale sulle festività, il lavoro domenicale e il commercio in generale».

Scarica il pdf: UILTuCS ART 230618