l’Adige – 08 marzo 2023
Donne. Meno guadagni e meno potere
«Nelle aziende trentine le lavoratrici guadagnano in media il 15,5% in meno dei colleghi maschi. E solamente il 16,6% delle donne è in posizioni apicali. La storia dice che dei passi avanti sono stati fatti, ma le istanze del passato restano, la strada da fare è ancora lunga. Inoltre bisogna difendere i diritti conquistati». Alessandra Paoli della Femca Cisl parla dello studio effettuato in provincia sulle ditte dei settori chimico, gomma-plastica, energia e moda per un totale di quasi 7 mila lavoratori e lavoratrici. La sindacalista continua: «Ancora oggi l’attività di cura è prevalentemente a carico delle donne, e questo influisce sulle scelte lavorative perché, quella che dovrebbe essere abituale conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro incide sugli orari, sulla retribuzione e sull’accesso ai ruoli decisionali in azienda. In alcuni casi gli stessi diritti individuali, come i congedi parentali, i permessi per le malattie dei figli e quelli della legge 104, sono discriminati sui premi di risultato, perché non considerati nel computo della presenza in servizio e quindi, di fatto, penalizzati».
Paoli chiede che l’8 marzo non venga dimenticato e, anzi, serva sempre più da stimolo. D’altra parte la Giornata Internazionale della Donna continua ad avere un forte significato sia politico sia sindacale. «I dati continuano a dirci che le disparità esistono». Ma, oltre alla denuncia della situazione, ci sono anche le proposte: «Noi portiamo avanti azioni concrete, per la flessibilità oraria, contro le clausole di esclusione e per tutelare il diritto a essere genitori»
A ragionare sul mercato del lavoro in “rosa”, restando nel campo dei sindacati, sono anche Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Walter Largher.
«L’occupazione femminile in Trentino è cresciuta e si assesta al 62%, sopra la media nazionale che non arriva al cinquanta per cento, ma sotto l’Alto Adige. Ma le criticità restano: partiamo dal fatto che sul totale dei contratti part time attivi l’80% è rappresentato da lavoratrici, una percentuale che resta costante nel tempo. Sul totale delle occupate circa il 40% ha un orario ridotto, mentre per gli uomini la soglia si riduce al 7%. Gli scogli maggiori riguardano oggi la qualità dell’occupazione femminile e le politiche di conciliazione».
Il problema maggiore è rappresentato dal part time involontario: oggi la percentuale di donne che in provincia ha un impiego part time, perché non ne ha trovato uno a tempo pieno, è del 17,7%. Il gap con gli uomini è di 14,1 punti. Il che vuol dire redditi più bassi, minori possibilità di carriera e pensioni più basse.
Sul part time involontario influisce anche le difficoltà di conciliazione. «Estendere e rendere più flessibili i servizi conciliativi per i genitori di figli piccoli, ma anche per chi è impegnato nella cura di familiari anziani e non autosufficienti renderebbe le donne meno deboli sul mercato del lavoro. Oltre al fatto che politiche per la conciliazione e a sostegno dell’occupazione femminile avrebbero un impatto positivo sul tasso di natalità. Il tema è offrire ai genitori condizioni di lavoro non precarie e flessibili. Il ricorso al part time molto spesso cela la richiesta di una flessibilità che il mercato del lavoro non è ancora in grado di dare, nonostante l’accelerazione imposta dal Covid. Un tema, invece, che dovrebbe essere trattato senza pregiudizi nei tavoli contrattuali».
Il part time incide anche sulle retribuzioni: oggi quelle femminili, anche a parità di ruolo, sono più basse. Il tema dei contratti precari è un altro freno alla qualità dell’occupazione femminile: i contratti a tempo determinato sono circa il 22% del totale. Il 56% di questi riguarda le donne, in costante aumento.
«Il problema è che queste differenze non rispecchiano i profili formativi delle donne. In Trentino come nel resto d’Italia c’è un grave problema di overeducation: le donne laureate sono più degli uomini, ma le loro competenze sono meno riconosciute sul mercato del lavoro».
Scarica il pdf: ADIGE 8 marzo ART 080323
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