Emergenza casa per tutti, non per Fugatti & c.
Nelle ultime settimane il teme della casa e dell’emergenza casa per tanti cittadini trentini in affitto o senza dimora è diventato virale. Ne parlano giornali, televisioni, sindacati, associazioni religiose e laiche che assistono i senza dimora, sociologi ed economisti, amministratori comunali e persino le autorità statali, dai prefetti alle massime cariche di chi amministra la giustizia in Trentino. L’ultima, in ordine di tempo è stata la Presidente della Corte di appello di Trento Gloria Servetti che ha lanciato l’allarme per le centinaia procedure di sfratto delle circoscrizioni giudiziarie di Trento e soprattutto Rovereto, eseguiti nel 2020, pur in presenza del blocco che riguarda le abitazioni principali, previsto dallo scorso aprile per non mettere in difficoltà le famiglie colpite dalla crisi Covid ed evitare di incrementare i senza tetto, in piena pandemia. La motivazione principale per la stragrande maggioranza (+ del 90%) di queste procedure di sfratto e di esecuzione di sloggio sono la morosità, cioè per il mancato pagamento dell’affitto.
Gli unici che ignorano o evitano in tutte le sedi ed ad ogni occasione di parlarne e affrontarlo sono Fugatti e la sua Assessora alle politiche sociali Segnana. Le poche discussioni sull’edilizia pubblica sono limitate a slogan demagogici e strumentali riguardanti i problemi di illegalità od ordine pubblico nelle sempre più sfitte case pubbliche, che non si riescono più neppure a riassegnare alle famiglie “trentine” in lista di attesa. O riguardano l’edilizia privata, l’acquisto, la ristrutturazione agevolata delle proprietà, dando, o non prevedendo proprio, risposte sempre più parziali e inadeguate per l’edilizia pubblica e sociale. Sono piuttosto più di gran moda: le proposte interessanti, ma assai poco concrete, di co-housing per soggetti fragili e deboli, fra gli anziani e le giovani famiglie; i progetti multipli di ormai superflui studentati per universitari, destinati a rimanere in parte non occupati; la messa a disposizione, magari gratuitamente, di pochi alloggi pubblici a pochissime persone in comuni isolati della provincia.
Tutto ciò mentre le fasi alterne di quarantena generalizzata, l’utilizzo diffuso della “didattica a distanza” per gli studenti oltre che del “lavoro da remoto” o “telelavoro” (che lo smart-working o lavoro agile sono un’altra cosa!) per gli adulti, hanno reso ancora più evidente quanto sia importante avere una casa, un’abitazione, in proprietà od in affitto. E si è palesata la disparità fra le famiglie che hanno potuto vivere la pandemia in case spaziose e quelle costrette a passarla in abitazioni inadeguate o in strutture improprie di emergenza.
E se per un verso la riduzione dei redditi da lavoro dipendente, anche del 30/40% causa la forte estensione della cassa integrazione ai tanti lavoratori e lavoratrici, anche in Trentino, ha evidenziato la modesta azione statale di supporto alle famiglie in affitto, riconducibile al solo blocco degli sfratti fino a fine 2020, ora in contrastato corso di proroga fino ad aprile, per l’altro ha registrato la totale assenza di qualsiasi provvedimento di aiuto alle famiglie in affitto trentine da parte della Giunta Fugatti. Non si è proceduto a rifinanziare nemmeno l’istituto del “contributo integrativo all’affitto” sul mercato privato per aiutare la platea dei destinatari, allargatasi per i tanti redditi taglieggiati dalla cassa integrazione guadagni, né tanto meno attivato un qualsivoglia Fondo di Garanzia per l’affitto, di cui si parla da anni, ma di cui si sono perse le tracce.
Idem per la mancata istituzione di un “Fondo per la morosità incolpevole”, istituto in essere in diverse Regioni d’Italia, ma sempre ignorato in Trentino. Dove per altro il patrimonio Itea (la società provinciale che gestisce il patrimonio abitativo pubblico ex Gescal e statale) continua ad essere sotto utilizzato, con centinaia e centinaia di alloggi pubblici sfitti, in parte per lungaggini burocratiche ed amministrative, in realtà per la banale mancanza delle risorse necessarie a sistemare i cosiddetti “alloggi di risulta”, quelli che si liberano annualmente per il ricambio fisiologico degli assegnatari Itea. E la direzione Generale di ITEA prevede che anche nel quest’anno si ridurranno alla metà di quelli riassegnati l’anno scorso anche questi alloggi, per problemi di stanziamento a bilancio, legati alle gare per la manutenzione straordinaria del proprio patrimonio abitativo, col risultato di ridurre al minimo, quasi a zero, l’apporto della Società pubblica ITEA alle politiche abitative provinciali.
Sono infatti poche decine all’anno le abitazioni nuove costruite da Itea, nell’ultimo quinquiennio; dal 2018 è scaduto il piano di Housing Sociale che ha assegnato 400 alloggi dei 500 realizzati a “canone moderato” e ritarda il decollo di un nuovo Piano, per il quale non si è ancora aperta la gara per l’individuazione del gestore dell’importante strumento finanziario. Ricordiamo che il “canone moderato” sarebbe il più indicato per tutti coloro che sono troppo ricchi per mettersi in lista in attesa di un alloggio a canone sociale e troppo poveri per immaginare di accedere alla prima casa in proprietà, anche solo per l’anticipo non coperto dal relativo mutuo ipotecario per l’acquisto.
La UIL chiede da anni anche un piano di investimenti finalizzato a potenziare un offerta abitativa economicamente accessibile, socialmente funzionale ed eco-sostenibile, attraverso la messa a disposizione di immobili e spazi pubblici inutilizzati da ristrutturare o ricostruire, utilizzando fondi pubblici e privati per offrire sul mercato a prezzi calmierati altre soluzioni abitative, soprattutto nei comuni ad alta densità abitativa, Trento, Rovereto e la “Busa” di Arco e Riva.
Bisognerebbe inoltre incrementare inoltre l’offerta di abitazione del mercato privato da affittare con contratti a canone concordati, utilizzando agevolazioni fiscali diverse e maggiori di quelle in essere, operando sulle tasse sulla casa ed i servizi annessi imposte dai comuni.
Facciamo inoltre una proposta nell’ambito delle operazioni che potrebbero essere finanziate col Recovery Found o con l’accensione dell’eventuale ventilato prestito obbligazionario denominato “Bond Trentino”. Si potrebbe ipotizzare di investire o raccogliere risparmio per almeno 100 milioni di euro per realizzare 1000 abitazioni economiche di superficie media intorno ai 60 65 metri quadri, la cui progettazione e direzione lavori potrebbe essere affidata ad Itea spa, mentre i comuni potrebbero mettere a disposizione le aree, magari quelle dismesse o in cui ci sono immobili o strutture abbandonate, attuando un programma per il loro recupero, attraverso la demolizione, ricostruzione, trasformazione, magari agevolata al 110€ dalle misure statali, che valgono anche per l’edilizia pubblica, da destinare alle famiglie in attesa di un alloggio.
Un tema, quello dell’edilizia sociale e delle misure di aiuto alle tante famiglie in affitto che non sono assegnatarie di alloggi di edilizia pubblica, che da tanto, troppo tempo è passato in fondo alle liste di priorità della politica locale, non solo provinciale, ma anche comunale e delle comunità di valle.
Certo di questi argomenti sarebbe importante sì discutere e confrontarsi, ma non solo sulla stampa o nei talk show. Ricordiamo che purtroppo, dal 2017, non esiste in Trentino un luogo istituzionale aperto alle parti sociali ed agli enti locali, che studi e monìtori la situazione abitativa della nostra provincia. Il Sindacato ne ha chiesto e continua a chiederne la creazione, come in tante altre regioni d’Italia.
Nell’ultima legge di Bilancio provinciale questa idea è stata nuovamente “cassata” da Fugatti & c. E’ stata concessa la convocazione di una “Conferenza provinciale annuale sulla casa”, forse perchè quest’anno sarà difficile convocarla (corona virus) e si potrà rimandare la “patata bollente” alle calende greche, l’ennesimo passo indietro rispetto alle politiche della casa, anzi ormai tre passi indietro.
Walter Alotti
Segretario generale UIL del Trentino
già componente CdA Itea
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