2 febbraio 2018 – Corriere del Trentino
«Expat, un problema per l’economia»
Sindacati preoccupati. Ianeselli (Cgil): «Bisogna essere più attrattivi». La Cisl sprona gli imprenditori Manica (Pd): «Progetto Network, coinvolgere le associazioni di categoria». Alotti (Uil): stipendi bassi I numeri
«Sono oltre 500 i trentini che hanno lasciato la provincia per volare all’estero in cerca di nuove opportunità lavorative. I dati dell’associazione InterNations tracciano un flusso costante di espatriati spinti da redditi troppo bassi, precariato e sfiducia nel futuro. « Un segnale allarmante secondo i sindacati trentini che parlano di impoverimento del territorio e temono per il futuro economico del Trentino. «Il Pd sollecita un maggiore coinvolgimento delle associazioni di categoria per spingere i talenti a tornare. Il fenomeno degli expat non è necessariamente un male, ma «il rischio è impoverire il territorio». «Un grosso problema per l’economia e per il futuro del Trentino» dicono i sindacati. Cgil, Cisl e Uil sono preoccupati per la fuga di «cervelli» all’estero. Un flusso incessante di persone che lasciano la sicura e tranquilla provincia di Trento per cercare nuove opportunità oltre confine, sono 500 gli espatriati trentini secondo i numeri dell’associazione InterNations (Corriere del Trentino di ieri). Che un numero considerevole di giovani, con competenze elevate, scelga di andare all’estero per realizzare le proprie ambizioni professionali non è un male in sé — analizza il segretario della Cgil del Trentino, Franco Ianeselli — è una dinamica che appartiene ad un mercato del lavoro che si muove su scala internazionale, soprattutto per le nuove generazioni. È preoccupante, però, che lo facciano perché qui non trovano condizioni lavorative adeguate ai loro profili». Per Ianeselli è necessario rendere il Trentino più attrattivo. «Abbiamo delle realtà di eccellenza» dice. Ma il territorio, come il resto del Paese in realtà, «valorizza poco il capitale umano e preferisce puntare su profili medio bassi». Creare occasioni di rientro può essere un primo passo, secondo la Cgil. La Provincia di Trento la scorsa primavera ha approvato il progetto «Trentino Global Network» mirato a costruire una rete di lavoro organizzata e finalizzata a mettere in rete e in connessione strutturata con il Trentino le competenze, le esperienze e le professionalità trentine che si sono affermate in Italia e nel mondo. Ma basta? Per il capogruppo del Ps Alessio Manica, firmatario di una mozione sulla creazione di un Network per i giovani trentini all’estero, mai approdata in consiglio, perché superata dal progetto avviato da Piazza Dante, è fondamentale coinvolgere le associazioni di categoria. Come già accade in Alto Adige con l’associazione Südstern. «Bisogna trasformare questo fenomeno in un capitale per il territorio — chiarisce Manica — il Trentino ha dei limiti di offerta inevitabili perché è un territorio piccolo, è quindi auspicabile che qualcuno vada all’estero, ma è importante che rientrino e importino le loro competenze». «Non c’è una cultura aperta» accusa Lorenzo Pomini, segretario della Cisl che definisce gli expat un «segnale di allarme grandissimo». «Mancano imprenditori e non c’è ricambio — spiega — sono i soliti noti, strapagati che vanno avanti a mandati». Pomini punta il dito anche contro le aziende a partecipazione pubblica. «Accogliere queste persone è una sfida, regaliamo risorse ai nostri concorrenti, la politica ha messo in campo degli strumenti, ma si deve muovere anche il mondo dell’imprenditoria». Il nodo restano gli stipendi. «Un problema reale —dice Walter Alotti della Uil —l’offerta delle aziende trentine è così bassa che i giovani preferiscono andare all’estero. Confindustria ogni mese si lamenta della mancanza di ingegneri, poi arrivano aziende da fuori che portano via i migliori cervelli semplicemente offrendo loro stipendi dignitosi».
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