Famiglie cooperative. I dipendenti pretendono il riconoscimento degli arretrati. Sindacati: inaccettabile la disdetta del contratto integrativo. Blocco degli straordinari e stato di agitazione fino a giugno.
Proclamazione dello stato di agitazione, sospensione di tutto il lavoro straordinario. E’ questa la prima mossa con cui le dipendenti e i dipendenti rispondono alla disdetta unilaterale del contratto integrativo da parte delle Famiglie Cooperative, sottoscritto a settembre 2014. Lavoratrici e lavoratori chiedono anche il riconoscimento degli arretrati congelati.
“La disdetta contrattuale resta una scelta inaccettabile e incomprensibile, che le Famiglie Cooperative hanno assunto nonostante l’estrema disponibilità dei dipendenti, che con flessibilità e grande dedizione e disponibilità gestiscono negozi come se fossero di loro proprietà, in strutture spesso poco adeguate”, sottolineano i segretari di Filcams, Fisascat e Uiltucs, Paola Bassetti, Lamberto Avanzo e Walter Largher ricordando come in questi anni le organizzazioni sindacali si sono impegnate responsabilmente a sostenere una contrattazione che considerasse sia l’aspetto economico che quello sociale con vari accordi a sostegno del sistema complessivo della distribuzione cooperativa trentina (contratti, accordi, esuberi, esternalizzazioni, commissariamenti, cassa integrazione,…).
Stato di agitazione e blocco degli straordinari andranno avanti fino a fine giugno. La disdetta contrattuale sarà operativa dal 1° luglio.
I sindacati ricordano che dal 2007, con il rinnovo del contratto nazionale tutte le Famiglie Cooperative trentine sono state inserite tra le “imprese minori”, con un aumento delle ore di lavoro settimanale e una minore maturazione dei permessi retribuiti rispetto ai colleghi e alle colleghe che operano in contesti nazionali.
In questi anni, inoltre, queste lavoratrici e lavoratori hanno responsabilmente accettato “un congelamento del contratto”, consci delle difficoltà in cui versavano le Famiglie Cooperative. “Dal 2014 al 2017 il contratto provinciale ha previsto, in un contesto di pesantissima crisi del settore consumo, il blocco di uno scatto di anzianità e una ulteriore riduzione dei permessi retribuiti che a tutt’oggi, per volere della delegazione datoriale, non hanno ancora ripreso la corretta maturazione”, ricordano i sindacalisti. Per questa ragione “è inaccettabile che la contrattazione provinciale sottoscritta dalla Federazione Trentina della Cooperazione non sia rispettata dalle Famiglie Cooperative e che la delegazione sindacale che le rappresenta, con le più disparate modalità, tergiversi e posticipi nel tempo il riconoscimento di quanto dovuto ai lavoratori del settore. Sono trascorsi 6 anni”.
Oggi le condizioni del mercato sono cambiate, la situazione resta complessa, ma molto migliorata rispetto ad una decina di anni fa. Basti guardare gli ultimi dati di bilancio. Lo stesso settore del commercio ha goduto di un rilancio importante con il Consorzio Sait che nel 2020 e nel 2021 ha visto incrementare il suo fatturato rispettivamente di oltre 23,50 milioni euro e oltre 19,50 milioni di euro.
Ad un andamento in risalita si somma anche il sostegno della Provincia di Trento che ha stanziato più di 3,2 milioni di euro a favore dell’insediamento e della permanenza di esercizi multiservizi in zone svantaggiate, un milione in più rispetto agli anni precedenti.
Nonostante ciò la Cooperazione non ha fatto nulla negli ultimi dieci anni per rilanciare le Famiglie Cooperative, oltre alla scelta di ridurre il costo del personale.
Tutte le richieste sindacali di investire sulle lavoratrici e sui lavoratori, non solo in termini di retribuzione, ma anche di formazione e riqualificazione sono cadute nel vuoto. Nessuna strategia per attrarre i giovani. Nulla sulla bilateralità.
I sindacati non hanno registrato nessun passo avanti nell’introduzione di forme di partecipazione per valorizzare il contributo delle lavoratrici e dei lavoratori nella gestione delle famiglie cooperative. Così come estremamente timidi sono stati i tentativi di sinergia e collaborazione tra Famiglie Cooperative confinanti.
“In questo quadro il rischio non è esclusivamente il non rinnovare contratti ma quello ben più tragico di un’affidabilità contrattuale che viene messa in discussione, di una fiducia tra le parti che via via viene meno. Gli accordi sottoscritti vanno rispettati, gli intenti tra le parti non vanno abbandonati nel dimenticatoio, l’interesse al settore deve essere costante non durare il tempo di un rinnovo”, concludono i tre sindacalisti.
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