Corriere del Trentino – 10 gennaio 2024

I sindacati: «Salari, un’emergenza: precarietà alla base»

«La precarietà lavorativa è uno degli elementi alla base dell’emergenza salariale in Trentino». Lo affermano i sindacati e lo confermano i dati Ispat, che mostrano come nella nostra provincia la percentuale di lavoratori a contratto determinato si mantenga più elevata rispetto al resto di Italia ed è aumentata ulteriormente negli ultimi anni, passando dal 18,9% nel 2020 al 20,2% nel 2022, contro la media italiana del 16,8%. Dato superiore anche a quello dell’Alto Adige che, pur caratterizzato anch’esso da una forte presenza del comparto turistico e dalla stagionalità dei contratti di questo settore, si ferma al 17,3%. Per questo «serve lavorare — sostengono i segretari provinciali di Cgil Cisl Uil, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti — sugli ampi margini di intervento che abbiamo a disposizione per ridurre la precarietà». Un dato positivo riguarda invece l’occupazione femminile, che nel 2022 ha raggiunto il 63,5% e ha visto un aumento dei contratti full-time tra le donne, passando dal 62,1% al 63,6%, fattore che contribuisce alla riduzione del divario retributivo di genere. «Un risultato positivo, ma non ancora sufficiente» sottolinea Roberto Busato, direttore generale di Confindustria. «Per far sì che l’occupazione femminile aumenti in valore assoluto e in maniera costante nel tempo — l’appello di Busato — è necessaria una spinta forte verso politiche di conciliazione lavoro-famiglia». Il numero di contratti part-time ha visto in realtà un calo generale, dovuto anche alle difficoltà economiche a cui stanno andando incontro molti nuclei familiari a causa dell’inflazione. Quest’ultima rende insufficiente un secondo reddito da part-time per far fronte alle spese. Una situazione che non si sta verificando in altri Paesi europei, come Austria e Germania, o in Alto Adige, dove, sostengono i sindacati, «la percentuale di part-time non cala perché i redditi familiari sono rimasti adeguati ai prezzi e non hanno subito una riduzione del potere d’acquisto reale come accaduto in Italia e in Trentino, in particolare». Incoraggiante l’aumento della percentuale di laureati e dottorati sul totale dei nuovi ingressi, che gli ultimi dati vedono attestarsi al 24,7% e, commenta Busato, «ci pone in una posizione di rilievo rispetto alle altre regioni del Nord-est, confermando il trend positivo di questo indicatore nel nostro territorio».

 

 

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