04 marzo 2021 – Corriere del Trentino
In aula a giugno, il piano dei recuperi Vaccini, scoppia il caos nelle scuole
TRENTO Sono roventi i telefoni dei sindacati in queste ore: «Gli insegnanti chiamano — dicono all’unisono Pietro Di Fiore (Uil) e Cinzia Mazzacca (Cgil) — perché alcuni sono stati vaccinati, altri più anziani no e non capiscono il perché». E il clima nelle scuola non è sereno: restano aperte, per decisione del governatore Maurizio Fugatti, nonostante l’invito del governo a chiuderle con oltre 250 casi su 100.000 abitanti (il Trentino è a 309). Una scelta che Roberto Battiston definisce «non comprensibile».
La scuola d’estate
Intanto l’assessore all’istruzione Mirko Bisesti prova a guardare un po’ più in là, a giugno, quando le scuole, con i ragazzi dentro o collegati al pc, chiuderanno del tutto. La Provincia ha colto subito l’assist del premier Mario Draghi a tenere aperto per tutto il mese in modo da colmare il gap creato dalla dad. E quello che il Trentino sta elaborando è un vero e proprio piano di recupero «personalizzato sui ragazzi» spiega Bisesti. Non si tratterà dunque di tre settimane di scuola in più per tutti gli studenti, ma di un progetto «ad hoc, che riguarderà solo gli studenti dalla prima alla quarta superiore, perché in quinta hanno già l’impegno della maturità e così i loro docenti, e perché i più piccoli hanno, almeno se le cose resteranno così, potuto frequentare. Sarà un piano non standardizzato per tutti ma personalizzato sui ragazzi che, su indicazione dei docenti e in accordo con la famiglia, hanno bisogno di recuperare». Tradotto: chi ha la media dell’8 non starà a scuola in giugno, ma anche coloro che presentano lacune non avranno da rispettare il tempo scuola tradizionale, ma delle ore per recuperare il terreno perduto. Una partita che richiederà il placet dei sindacati e forse delle risorse: «Dobbiamo ancora stabilire come attuare il tutto: penso che con i sindacati troveremo un accordo, perché si tratta di uno strumento per aiutare i ragazzi» conclude l’assessore.
Il siero conteso
Sindacati che sono sul piede di guerra per come sta procedendo la campagna vaccinale nei confronti dei lavoratori della scuola, ieri arrivata a quota 936 somministrazioni (contro le oltre 7.000 dell’Alto Adige) e 600 prenotazioni. «Riceviamo — dicono Di Fiore e Mazzacca — decine di chiamate: insegnanti e personale non docente non capiscono perché alcuni di loro abbiano ricevuto il vaccino e altri, magari più anziani, no». Le ragioni stanno nel metodo di prenotazione: al cup possono prenotarsi solo i lavoratori di nidi e materne, mentre dai medici di base (ma solo metà ha aderito alla campagna) possono essere vaccinati anche gli altri. Una volta aperta infatti la fiala che contiene almeno 10 dosi se il medico non ha sufficienti prenotazioni di insegnanti dei più piccini per non sprecare dosi coinvolge gli altri. «Creando così una disparità che nelle scuole si inizia a soffrire — continua Mazzacca — E comunque non gli over 65, che restano fuori da tutto (perché su di loro l’AstraZeneca non si può fare e il Pfizer ora va agli over 80, ndr): chiediamo che la Provincia li vaccini presto». Medesimo discorso vale per i lavoratori fragili: «Non possono vaccinarsi con AstraZeneca perché non adatto ma nemmeno possono accedere agli altri: perché non usare le numerose dosi in arrivo dello Pfizer per loro?». Urge tuonano Di Fiore, Mazzacca e Stefana Galli (Cisl scuola) chiedendo un incontro al presidente Fugatti e all’assessore Bisesti, «un piano vaccinale. Non è chiaro se esiste un ordine cronologico per accedere alla vaccinazione, se anche collaboratori e gli amministrativi vi possano accedere. Che dire poi della logistica — proseguono — già ai primi appuntamento stanno emergendo delle disfunzioni nel servizio scolastico a causa delle difficoltà nell’organizzazione delle sostituzioni». In una scuola una dirigente «ha — spiega Di Fiore — fino a oggi, negato a una docente il permesso per assentarsi per fare il vaccino, perché non rientra in alcuna giustificazione, non è malattia nè visita medica: è un paradosso». «In Alto Adige — incalza — le somministrazioni avvengono direttamente negli istituti, perché da noi no?».
Le porte (ancora) aperte
Le scuole intanto restano aperte. Nonostante tutto. Nonostante le indicazioni dei ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini a sprangare i portoni di fronte all’onda crescente delle varianti. Nonostante i numeri siano in aumento anche in provincia con 75 classi in quarantena e ieri ben 69 contagi tra gli under 19 (4 hanno tra 0-2 anni, 10 tra 3-5 anni, 22 tra 6-10 anni, 17 tra 11-13 anni, 16 tra 14-19 anni). Ma non è detto che sarà così per sempre. Ferro usa prudenza: «Monitoriamo giorno per giorno: allo stato attuale non abbiamo il 40-50% di casi dettati da varianti nelle scuole, dove abbiamo rinforzato i controlli introducendo anche, in alcuni casi, tamponi a tutta la classe. Ma evitiamo proclami e manteniamo alta l’attenzione». Anche Fugatti fa un piccolo passo di prudenza indietro: «La tendenza del contagio è in crescita, se diventassimo rossi le scuole sarebbero chiuse. Ma abbiamo deciso comunque in cabina di regia oggi di prendere decisioni giorno per giorno». E a spingere in questa direzione c’è pure il fisico Roberto Battiston, che coordina l’Osservatorio dei dati epidemiologici del dipartimento di Fisica dell’università di Trento: «In molte regioni italiane si stanno chiudendo le scuole. E lo si sta facendo per evitare di mandare in crisi il sistema sanitario. Gelmini e Speranza sono stati categorici, mi pare, e che le varianti colpiscano i bambini, i quali a loro volta fanno da moltiplicatori, è un fatto dimostrato: per questo la decisione della Provincia di Trento mi risulta difficile da comprendere».
Scarica il pdf: scuola ART 040321 2
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