l’Adige – 14 marzo 2024
«Inflazione più veloce degli stipendi»
TRENTO – «Se la situazione salariale in Trentino non fosse un’emergenza le parole del presidente di Confesercenti suonerebbero confortanti. Purtroppo, però, non è così. E bene dovrebbe saperlo il presidente Paissan visto che i settori economici che rappresenta sono quelli che tengono bloccate le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori da 5 anni rispetto alla reale scadenza dei contratti nazionali». Usano l’arma dell’ironia i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti, per rispondere ai dati elaborati da Confesercenti nazionale.
Dati che evidentemente i sindacati ritengono fuorvianti perché riferiti al reddito familiare (che dipende dal numero di ore lavorate) e non alla paga oraria. «Il punto – scrivono i tre segretari – sono proprio le retribuzioni: salario mensile e orario è cosa diversa dal reddito familiare su cui impattano diverse componenti economiche, comprese le misure di sostegno al reddito. Il reddito familiare inoltre è dettato dal tasso di occupazione complessiva che è cresciuto. È inconfutabile, invece, che le retribuzioni sono aumentate meno dell’inflazione e oggi lavoratrici e lavoratori dipendenti sono più poveri. Un problema acuito in Trentino dove i settori con paghe orarie più basse, lavori precari e stagionali, cioè il turismo in senso lato e il commercio, rappresentano una fetta importante della nostra economia».
A conferma delle loro tesi – e dunque della situazione che vivono tante famiglie trentine – i sindacati ricordano l’indagine della Camera di commercio sulle difficoltà di accumulare risparmi. «Se non fosse così – è la tesi di Cgil, Cisl e Uil – non avremmo famiglie che faticano, lavoratrici e lavoratori poveri, giovani qualificati che lasciano il Trentino in cerca di condizioni retributive e professionali migliori».
I sindacati si dicono d’accordo sulla necessità di aumentare produttività e investimenti delle imprese. «Bisogna però ricordarsi – evidenziano – che solo politiche pubbliche selettive spingono investimenti delle imprese e dunque hanno un effetto sulla produttività. E questo andrebbe detto, con onestà intellettuale, anche da chi rappresenta le aziende. Infine non si può pensare di scaricare sulle casse pubbliche ed dunque sulla fiscalità generale il tema degli alloggi per i lavoratori. In Trentino esiste un problema casa che va affrontato nel suo complesso, senza pregiudizi e riconoscendo priorità a chi si trova in condizione di maggiore marginalità economica e sociale».
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