24 dicembre 2021 – l’Adige
Infortuni e morti sul lavoro «In aumento con la ripresa»
La morte di Nicolae Catalan, 30 anni, schiacciato nel vano ascensore dove stava lavorando all’Eremo di Arco, riporta l’attenzione sul dramma delle morti sul lavoro. Una strage silenziosa che, con la ripresa delle attività produttive dopo la sospensione dovuta al lockdown, chiede impegno anche politico, perché non è ammissibile morire sul lavoro.
Sul tema si sono espressi i sindacati con una nota: «Si allunga drammaticamente l’elenco delle persone che quest’anno hanno perso la vita nella nostra provincia mentre erano impegnate a lavorare – dicono con amarezza Manuela Faggioni, Milena Sega e Alan Tancredi che per Cgil Cisl Uil seguono salute e sicurezza sul lavoro -Quanti morti dobbiamo ancora attendere perché in Trentino e in Italia si faccia finalmente qualcosa di concreto per fermare questa vera e propria strage? É poco utile convocare tavoli d’urgenza se poi non si mettono in campo azioni mirate. A cominciare da un serio potenziamento dei controlli e delle ispezioni». E riprendono: «Oggi in Trentino il 70% dell’attività dell’Unità operativa dell’Azienda sanitaria che si occupa di prevenzione degli infortuni è assorbito da attività di polizia giudiziaria, a supporto dell’Autorità che se ne dovrebbe occupare direttamente. Per potenziare i controlli dunque è indispensabile che la Provincia si decida a aumentare gli organici delle strutture ispettive».
Walter Alotti, segretario Uil rimarca l’importanza dei controlli e ribadisce: «Smettiamo di chiamarle morti bianche perché la responsabilità è sempre di qualcuno». «Anche la settimana scorsa in Vallarsa – riprende Andrea Grosselli della Cgil – c’è mancato pochissimo perché l’incidente fosse molto più grave, bisogna agire. E secondo tre direttive: smetterla con gli incentivi a pioggia, anche alle aziende meno virtuose; aumentare i controlli e presidiare questa fase economica di ripresa; dare sostegno alle aziende che si impegnano nella prevenzione attraverso meccanismi di certificazione». E sempre sul fronte della prevenzione si impegna Michele Bezzi, Cisl: «É necessario lavorare sul tema della prevenzione e della sicurezza, bisogna agire sulla cultura della sicurezza».
I dati sono impietosi: nel 2020 gli infortuni lavorativi in Provincia di Trento sono stati 6.180, e quest’anno fino ad ottobre 6.160, ed hanno riguardato 4.063 uomini e 2.097 donne. La fascia di età più colpita, sia l’anno scorso che quest’anno, è stata quella dai 50 ai 60 anni: 1.684 feriti l’anno scorso e 1.529 quest’anno. Nel 2021 si sono registrati 13 morti: 7 nell’industria e artigianato, 5 in agricoltura ed uno nel settore pubblico.
«La situazione è molto pesante – spiega l’esperto di sicurezza del lavoro Stefano Farina – anche perché l’aumento esponenziale dei lavori dovuti ai diversi bonus, ha portato ad una sottoprogrammazione, con tempi stretti di realizzo dei lavori e aumento dei rischi. Paradossalmente si può parlare di un “110 per cento” di insicurezza».
Farina, consigliere nazionale Aifos (Associazione italiana formatori ed operatori della sicurezza sul lavoro) e del gruppo di lavoro sulla sicurezza di Itaca (Istituto innovazione e trasparenza appalti e compatibilità ambientale) si occupa di sicurezza sul lavoro da trent’anni e, anche se molte cose sono cambiate, c’è ancora tanto da fare. «Tra i problemi – spiega – c’è la duplicazione dei soggetti che hanno obblighi di sicurezza, vi è una sovrapposizione di ruoli, ed il risultato è che alla fine si rischia che nessuno poi se ne occupi sul serio. La situazione è in continua evoluzione: è di tre giorni fa un aggiornamento al decreto legge dell’81 che rimodula in maniera incisiva il ruolo dei preposti e che dà mandato alla conferenza delle regioni di promuovere la formazione obbligatoria dei datori di lavoro». «Un altro tema -aggiunge -riguarda il cambio frenetico di attività, e la conseguente inadeguatezza sulla conoscenza delle procedure».
Quanto agli ambiti più rischiosi, ci sono «i cantieri, soprattutto in questo momento di forte ripresa», ma anche l’agricoltura («tra il 10 e il 15% dei morti in Italia è per ribaltamento dei mezzi agricoli») e l’ambito forestale e boschivo, «dopo i recenti cataclismi».
Per Farina quello dei subappalti è un «falso problema», l’importante è «che le ditte siano qualificate e che i costi della sicurezza vengano pagati a chi effettivamente li sostiene: la legge è molto chiara in proposito». «Morire sul lavoro – rimarca l’esperto – è inaccettabile, e si deve agire al di fuori dell’emergenza: la prevenzione è tutto. Quando si deve reprimere, ormai è troppo tardi».
Scarica il pdf: ADIGE infortuni ART 241221
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