05 gennaio 2019 – Corriere del Trentino
Integrativo Sait, sindacati cauti
«Nella proposta mancano dati» Mercoledì si torna a trattare. «L’importante è che il 50% fisso sia veramente tale»
I sindacati del terziario considerano la proposta del Sait per superare lo scontro sulla disdetta dell’integrativo — che ha generato quattro giorni di sciopero in autunno —, una base di partenza utile. Anche se rimane una certa cautela, soprattutto perché l’impostazione del direttore Luca Picciarelli mancava di alcuni dati, a detta dei sindacati, necessari per una valutazione compiuta. Mercoledì Fisascast Cisl, Uiltucs e Filcams Cgil torneranno in trattativa con una loro proposta: in quel contesto si capirà se l’impianto sarà in grado di reggere.
La partenza di questa trattativa, che riguarda circa 480 lavoratori del Sait, è la disdetta unilaterale dell’integrativo della fine dello scorso settembre. L’intenzione del Sait, consorzio della cooperazione di consumo, era di rendere totalmente variabile la retribuzione integrativa, allacciando a risultati di produttività circa 3.000 euro lordi all’anno. Dato che in questo modo si andavano a toccare conquiste dei lavoratori vecchie di decine di anni — e che appena ad aprile erano state licenziate 80 persone — la protesta è scattata durissima, con quattro giorni di sciopero di fila alla fine di ottobre. Da quel momento il dialogo si è fermato e la prospettiva era quella di un dicembre «caldo», con nuovi scioperi nei giorni di grande afflusso a ridosso delle festività. Alla fine però non ci sono state nuove proteste e il 20 dicembre l’azienda ha proposto di mantenere fisso circa il 50% dell’integrativo. Una svolta importante, inserita in un modello di una certa complessità che ieri i sindacati hanno voluto valutare in un incontro con i rappresentanti aziendali.
Già i primi dettagli emersi nei giorni scorsi parlavano di una differenziazione a seconda dell’inquadramento dei lavoratori, per cui l’idea è quella di consentire più quota «fissa» ai livelli più bassi, mentre quelli più alti e i quadri avrebbero una più grande porzione variabile dell’integrativo, pensando alla loro maggiore possibilità di raggiungere obiettivi. «Secondo me è possibile arrivare a una convergenza accettabile — sostiene Lamberto Avanzo, segretario della Fisascat Cisl —. L’importante è ottenere un fisso che sia veramente “fisso”. Altrimenti l’impianto sarà difficile da accettare». Avanzo poi si sofferma su un aspetto particolare: «Noi spingiamo per un ragionamento più collettivo. L’azienda invece in questa fase vuole tenere conto degli scatti di anzianità maturati, dei superminimi, cioè impostando quasi una contrattazione ad personam. Ecco su questo punto noi non siamo d’accordo: ok alla differenza fra livelli, no però al contratto individuale».
Un aspetto che è rimasto oscuro è quello della traduzione in numeri della proposta. «Ci aspettavamo dei dati, per poter fare dei calcoli e avere un quadro preciso — afferma Vassilios Bassios della Uiltucs —. All’azienda abbiamo espresso la necessità di avere quei numeri, speriamo arrivino entro il 9. Sono dettagli necessari per formulare la nostra proposta». I sindacati vogliono capire anche qual è la spesa preventivata e la differenza rispetto a quella dell’anno scorso e degli anni precedenti. In ogni caso va sottolineato il fatto che la posizione fra le sigle è unitaria. Anche se la Cgil non confida un un’integrazione a breve. «La proposta che faremo il 9 è limitata dal fatto che ci mancano i dati — osserva Roland Caramelle, segretario della Filcams Cgil — per questo è un po’ deficitaria. Quindi sono molto cauto. È al tavolo della trattativa che si verifica se le possibilità di arrivare a una soluzione dignitosa sono concrete. Magari tutelando i livelli più bassi, già molto colpiti».
Scarica il pdf: Sait ART 050119
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