18 giugno 2020 – Corriere del Trentino

Istruzione e non assistenza Un piano per rilanciare la scuola in presenza

Settembre è alle porte, così come vicino è l’inizio di un nuovo anno scolastico. La Uil (Scuola) più volte ha fatto sentire la voce delle persone di scuola impegnate a ridurre la distanza imposta dalla pandemia, ricordando come le strategie didattiche a distanza fossero una necessità, anche se qualcuno si ostinava a presentarle come virtuosa qualità e che fosse/sia necessario far ripartire la scuola vera: quella delle persone.
La molteplicità e pluralità degli interventi a mezzo stampa di questi ultimi tempi stanno a testimoniare la particolare attenzione di tutti a che le comunità scolastiche possano riprendere vita vera. Tanti a parlare di modelli di funzionamento, non sempre prestando attenzione a distinguere ciò che compete alla scuola da ciò che scuola non è: sovrapponendo l’assistenza all’istruzione. Ambiti diversi, con compiti diversi, attribuiti a diverse professionalità e specifiche competenze.
La Costituzione ci indica in maniera chiarissima come il compito della scuola pubblica sia quello di formare i cittadini di domani, attivando percorsi di istruzione e di formazione che permettano la massima integrazione tra tutti. È importante che la scuola non abdichi al suo ruolo: formazione e integrazione. Una scuola di tutti e per ciascuno. Nessuno escluso.
Diverse sono, invece, le necessità individuali di assistenza e di sostegno alle famiglie: attività necessarie, che però sono altro dalla scuola. Così come diverse debbono essere le professionalità da spendere sui terreni dell’assistenza. Su questo è necessario che la nostra comunità si muova per dare riscontro a bisogni speciali: nei mesi estivi, così come nei periodi di chiusura della scuola. E questo al di là dell’emergenza scatenata dalla diffusione epidemiologica.
La comunità trentina, storicamente impegnata nel volontariato — nella cooperazione — nel sociale, deve muoversi su questi terreni. Lo si faccia, però, senza fare confusione tra istruzione e assistenza, ché la commistione non giova a nessuno.
In primis non porta aumento dell’offerta formativa predisposta proprio a favore degli alunni che sono in difficoltà: allievi che meritano risposte educative speciali, improntate e indirizzate alla massima inclusione. La scuola è e rimane ambiente educativo di apprendimento per tutti e per ciascuno; proprio per questo si avvale di specifici metodi didattici che sono e debbono rimanere competenza dei docenti. È anche per rispondere a questi legittimi bisogni che gli insegnanti si sono formati e non certo solo per offrire spazi di socializzazione e di assistenza. Pensare, infatti, a «servizi educativi» vuol dire derubricare la scuola a insieme di prestazioni differenziate alla persona: un’idea che in Italia abbiamo cancellato nel corso degli anni Settanta abrogando le classi differenziali.
Si costruisca insieme, questa la richiesta della Uil, un piano che permetta alle comunità educanti di ritrovarsi a scuola. In presenza. Che attribuisca alla scuola le risorse necessarie per svolgere in pienezza il proprio compito, la propria funzione. Tra tutte la capacità di permettere la massima inclusione delle persone, nel rispetto della loro diversità. A che la diversità non si trasformi mai in differenza.

* Segretario provinciale Uil
** Segretario Uil scuola

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