Il T – Martedì 30 Luglio 2024

La transizione ecologica e le disuguaglianze sociali

di Matteo Salvetti *

Difficile parlare del cambiamento climatico in atto senza usare toni allarmistici. Secondo i dati del «Copernicus Climate Data» dell’Unione Europea, il 21 luglio scorso è stato il giorno più caldo mai registrato a livello globale. Nella nostra provincia da anni è in atto un trend inarrestabile per quanto riguarda l’aumento delle temperature medie. Trento e il fondovalle durante l’inverno presentano valori termici che – ricorda il meteorologo Giacomo Poletti – sono spesso simili a quelli che venivano registrati all’inizio degli anni Novanta a Napoli. Al contempo, per lunghi periodi, lo zero termico durante il periodo estivo raggiunge quote africane mentre ormai anche in alta collina è sempre più frequente il fenomeno delle cosiddette «notti tropicali». Nonostante questo quadro allarmante, intellettuali di un certo rilievo, come Federico Rampini, finiscono per abbracciare tesi «tiepidiste» e per condannare un ambientalismo definito spesso come «estremista» nel non comprendere l’insostenibilità dei costi della transizione ecologica. Non mancano poi negazionisti tout court, carichi di risentimento verso le fonti di energia alternative e capaci così di parlare al cuore – ma soprattutto al portafoglio – di intere fasce di popolazione che, al momento, non sono finanziariamente in grado di sostenere l’acquisto di pannelli solari e macchine elettriche. Il problema in fondo è proprio questo: come favorire la transizione ecologica in un contesto sociale ancora caratterizzato da importanti disuguaglianze nella redistribuzione del reddito? Per quanto riguarda l’edilizia, vale la pena ricordare che gli edifici sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas serra a livello europeo. In tal senso – affermano gli studi Ue – sarebbe necessario ristrutturare il 75% degli immobili esistenti per garantire un migliore efficientamento energetico. In Italia abbiamo archiviato da poco la stagione del cosiddetto «Bonus 110%», finita tra le polemiche per una misura giudicata dall’attuale governo come “catastrofica” alla pari di un disastro naturale per i conti pubblici. Ma come diceva bene un mio professore di statistica, i numeri sotto tortura dicono tutto quello che si vuol sentire. E così è tutta da dimostrare la voragine nei conti causata da un provvedimento che ha contribuito a far ripartire il settore edile – e con esso altri comparti – con aumento di addetti e di imprese e crescita di Pil. Certo, a proposito di sostenibilità della transizione, si possono evidenziare le storture di un provvedimento nato da una volontà politica «né di destra né di sinistra» che ha reso possibile anche alle classi più abbienti di avvantaggiarsi di un finanziamento pubblico per la ristrutturazione della propria villa. E si può discutere anche in merito al «metodo» della cessione del credito, che tanti problemi ha causato. Resta però il fatto che, solo in Trentino, 9200 edifici sono stati efficientati grazie a quella misura con un risparmio di consumi stimato in 400 milioni di kilowatt l’ora. Un numero, tuttavia, ancora insufficiente. L’applicazione alla lettera della direttiva europea «Energy Performance of Building Directive» già in vigore, pone obbiettivi chiari per il raggiungimento della neutralità climatica in ambito edilizio entro il 2035 e questo vorrebbe dire per il Trentino proseguire nella direzione del risanamento degli edifici al ritmo di 2000 immobili all’anno. Numeri al momento impossibili da immaginare, senza un intervento strutturale di sostegno pubblico che difficilmente potrà venire dal governo attuale, in larga parte scettico rispetto al cambiamento climatico e alle politiche decise dall’Ue per contrastarlo. Quale soluzione immaginare quindi? La risposta – al di là del veto incrociato dei sovranismi – non potrà che essere a livello europeo. La Commissione europea a guida von der Leyen, appena insediata, nelle sue linee guida ha già definito la necessità di creare «un fondo per la transizione ecologica giusta». Un primo passo, forse, per il lancio di un vero e proprio «green deal» europeo, che renda possibile anche alle fasce di reddito meno abbienti – ad esempio- l’accesso alla riqualificazione energetica delle proprie abitazioni. Vedremo se, al di là dei proclami ideologici, il governo italiano sarà in grado di cogliere le potenzialità di tale passaggio oppure se vorrà, al contrario, continuare solamente a gettare benzina sul fuoco di un risentimento anti-ambientalista ormai fin troppo stereotipato, a soli fini elettorali.

* Segretario Generale Feneal Uil Trentino Alto Adige Südtirol

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