26 maggio 2021 – l’Adige
Lavoro: «Basta strage!» FLASH MOB. Il sindacato: manca personale per i controlli
Con il Covid l’attenzione dei lavoratori è diminuita, perché hanno paura di perdere il posto, le aziende risparmiano sulla sicurezza per recuperare i mancati guadagni e le istituzioni non hanno personale sufficiente per i controlli. I sindacati trentini, nel giorno della manifestazione nazionale per fermare le stragi nei luoghi di lavoro (in Trentino nove morti nel 2020 e già quattro nel primo quadrimestre del 2021) sono scesi in piazza. Una manifestazione ieri mattina davanti al Commissariato del governo (sorvegliato da due carabinieri e due poliziotti in divisa e altri in borghese) con tanto di flash mob.
Nove operai, nove come il numero di vittime sul lavoro in Trentino l’anno scorso, hanno indossato tute blu e bianche da lavoro, e per pochi secondi, a suon di musica, hanno inscenato un flash mob, inginocchiandosi a terra. #bastastrage l’hashtag riportato sulle loro magliette, insieme all’impronta di una mano insanguinata e a una sagoma rossa di un corpo senza vita. «Sappiamo quanto contano formazione e prevenzione, in fatto di sicurezza – ha precisato Walter Alotti, segretario generale della Uil – ma purtroppo non basta. Siamo qui a chiedere anche la repressione, attraverso i controlli. Il precariato dilagante spinge molti lavoratori ad avere paura a denunciare condizioni di pericolo e rischio per la salute e la vita. In Italia abbiamo quattro milioni di aziende e l’anno scorso sono stati fatti solo diecimila controlli, che hanno portato a rilevare ottomila reati penali. Le ispezioni coprono solo lo 0,25% delle imprese. Manca personale. Chiediamo assunzioni all’Ispettorato del lavoro e all’Uopsal, dove sono solo in dodici e sono impegnati a supporto della magistratura. Anche in Trentino manca la fase di prevenzione. La magistratura interviene quando gli incidenti si sono già verificati».
«Investire in sicurezza – ha fatto eco Michele Bezzi, segretario generale della Cisl – non è una spesa, ma un risparmio sui costi sanitari e sociali successivi. Puntare su una cultura della sicurezza vuol dire fare corsi già all’asilo e nelle scuole. È un diritto inalienabile. Dobbiamo garantire a chi al mattino va al lavoro di tornare a casa sano». I sindacati propongono di investire in sicurezza, in premi ad esempio, i 180.000 euro annui che la Provincia incassa dalle sanzioni ai cantieri edili. Edilizia, cave, foreste e agricoltura sono i settori più a rischio. L’altra proposta è di organizzare nuclei di controllo in città grazie alle polizie locali e nelle valli tramite il corpo forestale provinciale. «Purtroppo – ha denunciato ancora Alotti – il tema della sicurezza sul lavoro è poco presente sia negli stati generali del lavoro, in corso, che nel piano sanitario provinciale. Ci sembra che l’assessore Spinelli si dimentichi spesso di essere assessore non solo allo sviluppo economico ma anche al lavoro». Nell’ultima settimana si sono susseguite le assemblee nei luoghi di lavoro e i sindacati hanno chiesto un incontro con i responsabili dei servizi ispettivi per i prossimi giorni. «La giunta provinciale – fanno notare in coro i sindacati – finora ci ha ignorati». Sicurezza, ma anche salute: le malattie professionali hanno ancora un costo sociale ed economico altissimo. «Con la pandemia abbiamo capito – ha ricordato il segretario generale della Cgil, Andrea Grosselli – l’importanza della sicurezza sul lavoro per quanto riguarda le professioni sanitarie, ad esempio, e anche nei servizi essenziali. Bisogna, poi, rivedere la logica degli appalti. Il massimo ribasso pesa sulle spalle dei lavoratori, anche in termini di sicurezza. Ma se vogliamo semplificare le regole, dobbiamo prima rafforzare gli organici degli enti di controllo». Daniele Tonezzer, lavoratore del settore edile, ha fatto appello ai colleghi: «Se un lavoro è giudicato pericoloso, bisogna dire di no. Non possiamo farlo con la paura che altrimenti lo farebbe qualcun altro al posto nostro». Sulla stessa linea Gabriele Goller, lavoratore iscritto alla Fisascat Cisl: «Noi lavoratori siamo i primi a renderci conto dei rischi. Non dobbiamo stare zitti, ma fermarci fino al ripristino delle condizioni di sicurezza». Analogo appello ai dirigenti e rappresentanti sindacali da parte di Alan Tancredi, della Uil: «Rappresentanti del lavoratori, dirigenti sindacali e soprattutto datori di lavoro devono ricordarsi che chi nelle aziende si occupa della sicurezza è un soggetto da coinvolgere nelle scelte, non un pericolo alla produzione o un notaio che ratifica decisioni già prese».
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