29 aprile 2018 – Corriere del Trentino
L’inchiesta Anche in Trentino le assunzioni inseguono l’esigenze del mercato. Sighel : «Puntare sulle tutele»
Il lavoro cresce, ma è precario
Contratti di somministrazione: + 23%. La storia: io, invisibile, volevo suicidarmi
Lavoro precario, instabile, mal retribuito. Lavoro atipico. Lavoro «Gig». Lavoretto. Il primo maggio, da diversi anni a questa parte, accende i riflettori sul volto oscuro del lavoro contemporaneo. Meno sicuro e meno remunerato di quello di un tempo. Una situazione che non risparmia neanche il Trentino. Secondo le rilevazioni dell’Agenzia per il Lavoro del marzo 2018, il 2017 è stato un anno di ripresa per la domanda di lavoro delle imprese e rispetto ai dodici mesi precedenti le assunzioni sono cresciute di 10.223 unità e del +7,6%. Ma la crescita si è fatta sentire soprattutto nel lavoro a tempo determinato (+ 653 assunzioni), nelle somministrazioni (+ 230), nell’apprendistato (+ 64) e nel lavoro a chiamata (circa 400 le maggiori assunzioni). Guardando alla rilevazione immediatamente precedente (novembre 2017), poi, si nota come il lavoro somministrato sia cresciuto addirittura del 23%. Anche il tempo indeterminato ha fatto registrare un aumento, ma decisamente inferiore, pari al 4,6%.
Ripresa, questa, che si manifesta dopo il calo registrato nell’anno precedente a seguito della riduzione dei benefici contributivi di cui avevano potuto beneficiare i datori di lavoro nel 2015 e che avevano spinto il Jobs Act. La grande riforma del mercato del lavoro italiano promossa da Matteo Renzi, infatti, ha sì dato un po’ di respiro ai lavoratori, ma molto è successo a seguito degli sgravi che hanno accompagnato tale misura. A distanza di più di tre anni dal primo decreto, le difficoltà dell’occupazione italiana possono dirsi tutt’altro che risolte. Soprattutto, ciò che balza all’occhio, è la crescita di un tipo di occupazione diversa rispetto a quella del passato. Un’occupazione fatta, principalmente, di precariato. Sempre l’Agenzia del Lavoro nella nota sul terzo trimestre del 2017 evidenzia come siano aumentate del 17,5% le assunzioni con apprendistato (+ 245), del +25,6% quelle con lavoro somministrato (+ 929) e del 118,1% quelle con lavoro a chiamata (+ 1.337). «Il lavoro atipico si sta diffondendo a macchia d’olio — spiega Lorenzo Sighel, segretario provinciale della UilTemp — Certo, non è il male assoluto perché consente al lavoratore di essere più autonomo e flessibile rispetto a un’occupazione tradizionale, ma è meno tutelato ed espone maggiormente al ricatto del datore di lavoro creando una guerra tra poveri». Non solo, in quanto privi di una copertura stabile e del sostegno di un impiego tradizionale, i lavoratori atipici risentono spesso di ansie personali, sociali ed economiche. Dunque, pur apprezzando in alcuni casi l’indipendenza connessa a questa tipologia di lavoro, farebbero volentieri a meno di un’esposizione al rischio così alta.
Guardando al resto d’Italia, secondo quanto riferisce il centro studi di Unimpresa sui dati Istat, nell’ultimo anno è aumentato il lavoro non stabile per 197.000 soggetti. Ai quasi 3 milioni di disoccupati italiani, quindi, bisogna aggiungere i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (900.000 persone) sia quelli a orario pieno (2 milioni), i lavoratori autonomi part time (722.000) e i collaboratori (251.000). Un plotone di lavoratori di serie B caratterizzato da prospettive incerte per il futuro e da retribuzioni contenute, con il rischio, in progressione, di allargare la fascia di italiani in condizione di disagio, bacino che già a fine 2017 comprendeva 9,29 milioni di persone (+ 197.000 unità rispetto al 2016).
E in Trentino? «La situazione qui è migliore: c’è più controllo e una tenuta sociale più forte, ma non possiamo abbassare la guardia — denuncia Sighel — Il sindacato è stato per troppo tempo distante da queste nuove categorie di lavoratori e ora deve recuperare. È la più grande sfida per il futuro». Come riuscirci? «Pensare di tornare indietro, eliminando queste forme contrattuali, è impossibile. Possiamo, però, agire sul fronte delle tutele» chiarisce il sindacalista, precisando che sono già allo studio nuove forme di regolamentazione che dovrebbero andare ad aumentare le garanzie contributive e pensionistiche e le indennità di infortunio e maternità per queste categorie. Infine, un appello al legislatore: «accrescere le tutele non deve far esplodere la burocrazia. Pensiamo ai voucher: sono stati sostituiti perché usati in modo scorretto, ma lo strumento introdotto al loro posto è troppo complicato. E l’eccessiva burocrazia — conclude Sighel — non fa altro che rallentare l’occupazione di qualità».
Scarica il pdf: precariato ART 290418
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