13 aprile 2022 – l’Adige, Trentino, Corriere del Trentino
«Senza stabilità e compensi equi è più difficile trovare lavoratori»
Stop alle lamentele delle imprese per la carenza di manodopera e maggiore attenzione alla programmazione delle politiche del lavoro attraverso una puntuale analisi del fabbisogno, retribuzioni competitive con i territori vicini e stabilizzazione dei contratti. A Cgil, Cisl e Uil puntano il dito soprattutto su quanto accade in tre comparti, turismo, agricoltura ed edilizia, e tirano in ballo pure la Provincia che non sta rispondendo alle istanze. Anzi, l’aver imposto nella firma di specifici protocolli l’omissione di iniziative per il reperimento di manodopera straniera, fa parlare i rappresentanti dei lavoratori anche di «razzismo strisciante».
Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Gianni Tomasi sono i sindacalisti che seguono le politiche del lavoro rispettivamente per Cgil, Cisl e Uil. Ieri hanno preso posizione partendo da un punto ben preciso: «se manca manodopera non è perché c’è chi preferisce ricorrere agli ammortizzatori sociali per restare sul divano». Non manca una disponibilità di Cgil, Cisl e Uil ad avviare un percorso che avvicini lavoratori e azienda per erodere ancora quel 4,8% che rappresenta il tasso di disoccupazione. Non viene esclusa quindi l’introduzione della condizionalità nell’erogazione degli ammortizzatori sociali. «Purché -sostengono i sindacati -qualora venga offerto un lavoro, si possano assicurare qualità e retribuzione adeguate alle mansioni svolte». Un’altra apertura è rivolta poi ai contratti di rete, che permetterebbero allo stesso lavoratore di mettersi a disposizione di più aziende durante l’anno.
E le aziende? «Chiediamo innanzitutto -afferma Zabbeni -che in coerenza con quanto stabilito con gli stati generali del lavoro venga avviato uno strumento serio per avere un’analisi costante sul fabbisogno di manodopera. Poi occorre considerare quelle che sono le condizioni di lavoro, con livelli retributivi che da noi sono pari a quelli della media italiana, ma inferiori rispetto alla media europea, del Nordest e del vicino Alto Adige». «In settori come il turismo -aggiunge Pomini -le imprese forse trascurano quanto successo con il Covid, con i lavoratori del settore che talvolta hanno scelto di transitare nel manifatturiero trovando maggiore stabilità, migliori condizioni economiche e condizioni contrattuali che garantiscono orari e riposi. Noi abbiamo proposto di inserire dei percorsi per l’accesso di lavoratori extracomunitari, ma dobbiamo fare i conti con il razzismo strisciante che porta a dire prima i trentini». Ad aggiungere in prospettiva un problema ulteriore è anche la carenza di giovani ma, secondo i sindacalisti, spesso vengono messi nelle condizioni di maturare esperienze fuori provincia con il rischio di non tornare. «Gli stati generali del lavoro -ricorda Tomasi -hanno messo in evidenza il problema delle retribuzioni inferiori in genere e specificato che in particolare per i giovani ci sono retribuzioni minori e più assunzioni a termine. Così i trentini vanno altrove e vorrei ricordare che nella recente campagna invernale per gli stagionali l’Agenzia del lavoro ha raccolto circa tremila curriculum. Ma tra questi poco più di cento soltanto hanno avuto un’occupazione. Poi nel turismo continua a mancare pure la contrattazione territoriale creando un gap del 25% nelle buste paga rispetto all’Alto Adige». Pure l’agricoltura non ha avuto grandi riscontri di fronte ad un protocollo con l’Agenzia del lavoro che ha permesso di raccogliere nel 2019 le richieste di 130 aziende per assumere 300 persone su 1.142 candidature. Nel 2020, caratterizzato dal lockdown, sono arrivate richieste da 253 aziende per 1.099 persone da assumere a fonte di 10.809 candidature, di cui 7.646 per primavera e 3.163 autunno. Lo scorso anno è cambiato il sistema di rilevamento, ma l’Agenzia del lavoro ha comunque gestito 296 richieste di personale tramite liste, cui ne vanno aggiunte 185 dai Centri provinciali per l’impiego. Ma il problema delle retribuzioni, dicono i sindacati, non è ristretto a pochi settori economici. E sulla manodopera di qualità e ben remunerata, a loro giudizio, si può costruire un miglioramento della produttività delle aziende locali, «investendo sulle competenze acquisite». Competenze che rischiano di disperdersi se, come avvenuto nell’ultimo periodo, i lavoratori somministrati continueranno a crescere del 30-50% all’anno a seconda del settore. Con un allarme in più negli ultimi mesi, pure se ancora ristretto a poche centinaia di casi: la somministrazione a tempo indeterminato che stabilizza sì il lavoratore, ma che lascia libera l’azienda di disfarsene alle prime difficoltà.
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Lavoro, l’attacco dei sindacati trentini: «Basta lanciare allarmi, bisogna cercare soluzioni»
TRENTO. “Preso atto che il nostro mercato del lavoro oggi e sempre più in futuro dovrà fare i conti con una carenza di personale giovane legato alle dinamiche demografiche in atto, è ora di affrontare i problemi in modo efficace e concreto.
Abbiamo invece la sensazione che spesso le imprese preferiscono limitarsi a lanciare allarmi, ma che poi facciano poco per uscire da una situazione di stallo”. Così, in una nota congiunta, i sindacalisti Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Gianni Tomasi, che seguono per Cgil, Cisl e Uil del Trentino le politiche del lavoro.
L’intervento segue le difficoltà evidenziate dalle imprese trentine, in particolare nel turismo, nell’agricoltura e nell’edilizia, nel trovare personale sufficiente ai loro fabbisogni. Secondo i sindacalisti ci sono oggi strumenti messi in campo da Agenzia del lavoro, su sollecitazione delle stesse aziende, che non vengono presi in considerazione, tra cui i protocolli firmati per reperire personale stagionale.
“Il protocollo siglato lo scorso anno per il turismo – affermano – aveva portato alla raccolta di tremila candidature. Solo 128 di queste persone sono state assunte e nessuno oggi è in grado di dire per quale ragione.
Non è andata molto diversamente nell’agricoltura dove le assunzioni seguite alla raccolta delle candidature sono state minimali, mentre l’analogo protocollo siglato in edilizia non ha portato a nessun risultato tangibile”.
Per risolvere il problema delle aziende, Zabbeni, Pomini e Tomasi invitano a creare un asse tra mondo dell’istruzione, della formazione professionale e mondo del lavoro e affrontare il tema delle condizioni di lavoro, a cominciare dalle retribuzioni e dal tipo di contratti offerti.
L’affondo dei sindacati«Assunti 128 su 3.000e paghe troppo basse» Battaiola: estate dura
TRENTO «Basta alibi. Le imprese devono smettere di denunciare la carenza di manodopera e poi offrire stipendi bassi, 25% in meno dell’Alto Adige, o contratti precari». I sindacati non usano mezze parole e prendono di petto una questione scottante, ancora di più alla vigilia della stagione estiva: la carenza di personale. Gianni Battaiola, presidente degli albergatori, però replica: «Il problema è di tutta Italia, se fosse solo di soldi sarebbe facile. Per risolverlo bisogna dare stabilità agli stagionali».
I numeri li fornisce direttamente l’Agenzia del Lavoro: nell’inverno del 2021 la campagna di recruiting messa in campo dalla struttura ha portato a raccogliere «2.910 curricula — spiega la direttrice Stefania Terlizzi — di cui circa 1.100 di persone residenti in Trentino e 1.700 da fuori Provincia. Il metodo adottato è stato quello digital, che ci ha permesso di lanciare la campagna sui social e con banner specializzati, riscuotendo molto più successo dell’estate scorsa quando arrivarono 500 candidature. Il bando partito il 7 aprile per la prossima stagione in soli cinque giorni ha già collezionato 160 candidature». Le imprese per Terlizzi devono capire «che possiamo essere un punto di raccolta dei loro bisogni e di risposta alle loro esigenze. In questa direzione vanno i Career day, un ciclo di eventi di reclutamento sul territorio. Il primo è il 27 aprile al centro per l’impiego di Trento, il secondo è il 13 maggio al centro di formazione professionale di Tesero, mentre il 12 maggio parteciperemo a un evento con Fipe dedicato ai pubblici esercizi. Infine saremo a Castel Caldes il 24 maggio».
A sollevare il tema, ancora una volta, ieri sono stati Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Gianni Tomasi che per Cgil, Cisl e Uil seguono le politiche de lavoro: «È ora di affrontare i problemi in modo efficace e concreto. Abbiamo invece la sensazione che le imprese preferiscano limitarsi a lanciare allarmi ma che poi facciano poco per uscire dalla situazione di stallo. Affermare che non si trovano lavoratori perché i più preferiscono gli ammortizzatori sociali è una versione molto parziale della realtà. Anche perché noi per primi siamo favorevoli a una condizionalità degli stessi: se una persona rifiuta un’offerta congrua con un contratto serio è giusto che perda l’assegno. Il tema reale sono le condizioni offerte». Tra i nodi «il tema degli alloggi e la mancanza di un contratto di secondo livello per il turismo» come ha detto Pomini che produce, di riflesso, situazioni più precarie e paghe più basse. «Com’è possibile che i nostri lavoratori preferiscono andare nelle Regioni o Province vicine? Le retribuzioni degli stagionali del turismo sono inferiori del 25% rispetto a quelle dei vicini altoatesini». In più è arrivato il Covid, che ha sottratto personale dal terziario per riversarlo nel secondario e nell’edilizia. Ma anche qui le cose non vanno meglio per i sindacati: «I contratti di somministrazione lavoro — precisa Zabbeni — sono aumentati del 30-50 per cento quest’anno nel settore secondario». E sono «raddoppiati addirittura nell’indeterminato», un dato che riflette l’incertezza e i timori in cui si muovono le aziende in questa fase post pandemica. Dalla Provincia inoltre i sindacati si attendono «un ruolo più attivo e coerente anche con quanto definito nell’ambito degli Stati generali del lavoro: già è grave che nei tre protocolli sottoscritti per edilizia, turismo e agricoltura non abbiano voluto inserire un richiamo alla necessità di attingere ai flussi migratori; si attivi dunque subito la cabina di regia per dare traduzione concreta agli obiettivi e ai progetti condivisi e si doti Agenzia del lavoro e i centri per l’impiego delle risorse necessarie». Anche il bando agricoltura non ha avuto numeri immensi: nel 2020 a fronte di 1.099 persone assunte le candidature furono 7.646 in primavera e 3.163 in autunno.
Per Battaiola tuttavia puntare il dito sulle retribuzioni è un errore: «L’Alto Adige ha gli stessi problemi nostri, tutta Italia è alla ricerca di collaboratori. Se fosse solo un problema economico — riflette il presidente degli albergatori — sarebbe quasi facile da risolvere. Anche perché le aziende in questo momento sono disposte a riconoscere di tutto ai lavoratori». Per Battaiola serve «un intervento strutturale che dia stabilità al lavoro stagionale. Che consenta, banalmente, di chiedere e ottenere un mutuo, di chiedere e avere un finanziamento per l’auto. Altrimenti saremo sempre dei precari che seguono la stagione». Quanto alle poche assunzioni a fronte delle 3000 candidature Battaiola propone una spiegazione: «Bisogna vedere i profili che sono arrivati. Chi entra nel mondo del turismo deve avere un po’ di preparazione, linguistiche e comportamentali, il mercato le richiede. C’è, è vero — ammette Battaiola — il tema degli alloggi. Sappiamo che serve un sistema di alloggi, che non vuol dire che non ci sia nelle strutture. Abbiamo portato a casa la possibilità di usare i magazzini agricoli come foresterie. È un primo passo». Temi e problemi però sono gli stessi di un anno fa. «La situazione è migliorata in inverno ma la prossima estate ce la aspettiamo molto complicata, perché subiamo la concorrenza del mare».
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