12 agosto 2020 – Trentino

LE DOMENICHE CHIUSE? SI CONTRATTANO, CARO FUGATTI

Si riaccende la polemica e la disputa sulle chiusure domenicali del commercio in Trentino. Alla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali introdotta da Monti nel 2011, conseguenza dell’applicazione di una direttiva europea Riguardante la salvaguardia della concorrenza e libertà d’impresa, è seguita, al termine del lockdown pandemico in Trentino, un blocco delle aperture domenicali commerciali per mezzo della legge provinciale, promossa dall’Assessore Failoni, che non prevede variazione per le località turistiche, mentre limita le aperture a 18 festività annue per tutti gli altri comuni. Legge ora impugnata dal Governo, come ampiamente previsto. Fin dall’inizio.
La UIL ritiene che per regolare materie come queste, nella quale non sono in gioco valori assoluti come la vita e la salute delle persone, ma interessi diversi e contrastanti, si dovrebbe utilizzare uno strumento diverso e più flessibile del divieto legislativo o delle imposizioni di turni rigidi gestiti burocraticamente. E lo strumento in grado di contemperare l’autonomia collettiva e quella individuale, gli interessi aziendali e quelli dei lavoratori è la contrattazione integrativa territoriale.
Purtroppo questa via non è praticabile in questo caso, per l’impossibilità di condurre al tavolo della trattativa soggetti commerciali di caratura nazionale o addirittura internazionale, spesso slegati dalle stesse rappresentanze datoriali locali e nazionali di riferimento, a cui conviene la semplificazione dell’applicazione della legge nazionale.
Per questo la UIL ritiene opportuna l’altra strada intrapresa dalla commissione dei 12. Quella cioè della richiesta d’assunzione della competenza sul commercio a livello di Provincia Autonoma. Se sono molte le competenze che a livello locale risulta difficile gestire, ad esempio la scuola o il lavoro, e che assorbono sempre più risorse e meno riconoscimento da parte dello Stato, riteniamo invece che la pianificazione turistica, ivi compresa la programmazione delle attività commerciali sia materia che senza un grande investimento di risorse, permette, se ammessa, la definizione di un quadro di regole più consono e rispettoso della nostra cultura e dello stile di vita alpino, per le imprese commerciali ed i lavoratori e le lavoratrici del territorio.
Peraltro alla scelta di metodo, per affrontare l’annoso problema (Commissione dei 12), dovrebbe seguire anche una chiara scelta sul merito delle ragioni che portano alla necessità di gestire questa materia autonomamente. E da questopuntodivistanon tutte le forze politiche si sono purtroppo espresse chiaramente.
Se è evidente una certa strumentalizzazione della Giunta riguardo al rapporto valli – centri urbani, per altro verso è evidente che non tutti i partiti, neanche quelli di centro sinistra, colgono l’importante occasione di preservare il nostro Trentino, i consumi e la sua qualità della vita dall’omologazione del modello commerciale ed economico liberista di stampo lombardo veneto, che già si sta imponendo anche nel mondo delle cooperative di consumo e man mano al resto del mondo cooperativo e commerciale.
A nostro avviso si dovrebbe seguire la falsa riga di quanto già regolato in relazione all’insediamento dei nuovi centri commerciali, che prevede il rispetto di metrature, distanze e dimensioni in qualche modo equilibrati rispetto alla rivitalizzazione dei centri storici e del commercio di prossimità. Oltre che ad una programmazione dell’uso del suolo e dell’urbanizzazione più rispettoso dell’ambiente e delle altre attività extra commerciali.
Un ultimo accenno al riferimento che taluni fanno relativamente all’espansione ed al regalo che si farebbe all’e-commerce, effettuando una parziale chiusura domenicale degli esercizi commerciali. Questa espansione è assolutamente autonoma e indipendente dalle modalità con cui viene esercitato il commercio tradizionale. Basti pensare che nel primo semestre 2020, quando tanti esercizi commerciali ed i supermercati nazionali permettevano di fare la spesa 7 giorni su 7, il bilancio semestrale di Poste Italiane (anch’essa coinvolta nella riduzione dei servizi e delle aperture degli uffici Pt), ha registrato un utile di 546 mln di euro, per massima parte derivante dalla performance della divisione logistica e quindi dell’esponenziale aumento del traffico di spedizione dei pacchi dell’e-commerce nello specifico. Pensare di fermare l’evoluzione del commercio, facendo lavorare anche 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno i dipendenti del commercio e della grande distribuzione, è una follia che solo dei liberisti ottusi e legati a vecchi modelli commerciali possono arrivare ad immaginare.
Una volta avviato un nuovo assetto di regole del commercio a livello locale, meglio se regionale, si dovrà affrontare la sfidadellaproduttivitàedellaqualità del lavoro, che in un nuovo modello lavorativo passerà anche per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione, con un allargamento della base occupazionale.

*segretario generale Uil del Trentino

 

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